Un Mito al servizio della cittadinanza e della democrazia. Di Aminata DIAW-CISSE

Un Mito al servizio della cittadinanza e della democrazia. Di Aminata DIAW-CISSE
Un Mito al servizio della cittadinanza e della democrazia. Di Aminata DIAW-CISSE
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La ricorrenza del riferimento di Senghor ai Cahiers de doléances inviati dagli abitanti di Saint-Louis agli Stati Generali della Rivoluzione francese permette di interrogarsi sul significato del simbolo, che a dire il vero ha piuttosto la forma di un mito . In effetti, il riferimento a Saint-Louis nel testo senghoriano si riferisce meno alla geografia come indicato da Corypheus nell’Elegia ad Aynina Fall che alla storia, meno alla scena dell’individuo che al teatro dell’Universale, meno alla realtà concreta che al mito e all’orizzonte di senso che esso rivela. Rispondendo a una domanda sulla Francofonia posta da Mohamed Aziza in La Poésie de l’action, Léopold Sédar Senghor dichiara: “Alla vigilia dell’indipendenza, nel 1959, eravamo, ripeto, la più antica colonia francese, poiché la città di Saint -Louis in Senegal è stata fondata nel 1659. D’altra parte, la vita democratica, in stile europeo, era iniziata in Senegal nel XVIII secolo. il primo comune senegalese risale a Luigi XV Il 15 aprile 1789, abbiamo inviato le nostre umilissime lamentele e rimostranze al popolo francese titolare degli Stati Generali. Saint-Louis, considerata da Ousmane Socé una “vecchia città francese”, il “centro del buon gusto e dell’eleganza”, si rivela, sotto la penna di Senghor, una città profondamente mista perché è un luogo dove si intrecciano due storie insieme. , di due popoli, anche se l’incontro inizialmente non avvenne sotto il segno della convivialità. Saint-Louis diventa così un luogo che si deterritorializza per trovare il suo posto nell’immaginario politico senegalese. Cosa c’è in gioco dietro questo riferimento? Qual è la preoccupazione di Senghor?

Riflettere sul riferimento di Senghor ai Cahiers de doléances des neighbors de Saint-Louis, per comprenderne il significato, significa innanzitutto ascoltare il procedimento utilizzato da Senghor e che potremmo quindi enunciare così: “Giocare con la storia, contrastando la storia: il creazione di un ricordo”

Sebbene siano numerosi i riferimenti ai Cahiers de doléances scritti da Senghor, ben poco si dice del loro contenuto. Questi Quaderni sono opera di coloro che si definiscono negri e meticci ma tutti francesi o come gli sfortunati abitanti del Senegal, piegati sotto il giogo insopportabile dell’orribile dispotismo di una compagnia privilegiata. Questo nome è importante perché esprime una postura sociale, indicando che si tratta di un gruppo sociale molto specifico, composto da africani e persone di razza mista con interessi aziendali molto specifici nell’economia della colonia che viene implementata. pericolo il privilegio del commercio della gomma e degli schiavi nel bacino del Senegal concesso alla Compagnia del Senegal con decreto del Consiglio del 1784 e 1785. Come si potrebbe sospettare, queste rivendicazioni per una maggiore libertà non sono in realtà altro che una richiesta di schiavitù: cosa questo Il gruppo sociale che chiede è la possibilità di continuare a svolgere la propria attività di tratta degli schiavi. Questo brano del Quaderno non lascia dubbi sulla loro attività: “il commercio nero è quello dove generalmente abbiamo la maggior parte, perché abbiamo barche e marinai schiavi che mandiamo fino a Galam per lavorare i neri che poi vendiamo ai mercanti europei in Senegal in leggero profitto. Se si tratta di negazione dei diritti, di ingiustizia, di rispetto della libertà, è paradossalmente in relazione ad un’attività che nega alle persone la loro umanità, che le reifica per renderle semplici oggetti di transazione. Come indica Mamadou Diouf, “gli abitanti di Saint-Louis si appropriano della retorica rivoluzionaria, dei discorsi sulla legge naturale, sui principi della ragione, sui diritti inalienabili dell’uomo, sull’uguaglianza davanti alla giustizia, che “si oppongono ai privilegi speciali della Compagnia del Senegal”.

Osservando più da vicino la posta in gioco di questa storia, c’è il diritto di chiedersi quali possano essere le ragioni che inducono il teorico della Negritudine ad appropriarsene, o addirittura a farne un riferimento per la storia. del suo popolo? Ha dimenticato “questa lunga sofferenza dei negri durata tre secoli e mezzo, con 20 milioni di deportati nelle Americhe” alla quale alludeva rispondendo a Césaire che lo ricevette nelle Indie Occidentali nel febbraio 1976? È semplicemente “privo di odio” per usare un’espressione usata nella stessa conferenza, o dovremmo cercare altrove? Dobbiamo passare dalla parte della Poeïsis, dalla parte del Poeta, maestro della lingua, al quale il Signore ha concesso la facoltà di parlare?

Al di là della sua iscrizione in una territorialità e in una particolarità francese, il 1789 segna una sequenza di storia universale che dipinge la libertà, afferma principi e valori che autenticano una nuova cultura umana così come l’esistenza dei diritti naturali perché attinenti alla semplice umanità dell’uomo .

Questo evento è memorabile perché si rivela come una modalità di inserimento nell’universale, per usare l’espressione di Sartre. È infatti il ​​luogo in cui emerge la cittadinanza, come si evince dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. La dimensione universale dell’evento ne consente la deterritorializzazione e, successivamente, la sua appropriazione, la sua erezione in mito, se intendiamo quest’ultimo nel senso datogli da Mircéa Eliade, vale a dire “ciò che fornisce modelli per la condotta umana e quindi conferisce significato” e valore all’esistenza. L’evento stesso, attraverso la sua evocazione, diventa semplicemente istituente. Da qui la sua capacità di farsi carico della sfida che si impone alla Politica e che consiste nel produrre, nel creare memoria per il suo popolo. Si tratta, con l’astuzia, di contrastare la storia giocando con essa, al solo scopo di creare il momento fondamentale, quello che fissa l’origine di una comunità che si fonde con il luogo di istituzione del suo modo di regolazione politica: la democrazia e partecipazione dei cittadini. Tuttavia, questa procedura può essere operativa solo a due condizioni: la reificazione dell’elenco delle lamentele in un mito e l’occultamento del suo contenuto. Il Poeta viene allora in aiuto del Politico creando, armeggiando con una memoria per la sua comunità, raccontando questo modello che stabilisce e struttura la legittimità politica definendo l’essere cittadino. L’opera del Poeta mostra che l’efficacia e il senso della Politica non possono fare a meno dell’ideologia: “ogni impresa ideologica, infatti, come ogni civiltà che abbia raggiunto la coscienza di sé, comincia col cercare per sé una legittimazione e un nutrimento permanente: un terreno fertile in cui mettere radici”.

Il 1789 è un momento in cui emerge una nuova modalità del legame sociale con questo corpo che ne svela al mondo l’esistenza e delinea, nell’atto stesso della sua nascita, il gesto di libertà; la Nazione, poiché di questo si tratta, esprime l’identità collettiva che sta emergendo distruggendo le vecchie separazioni e offrendo l’immagine del popolo riunito e sovrano.

Ascoltiamo ancora una volta Senghor parlare con Mohamed Aziza che lo interroga sulla difficoltà di essere, sul suolo africano, realtà come Stato, Nazione, Regione. La sua risposta è istruttiva per i nostri scopi perché risponde fin dall’inizio ad un’esigenza di definizione che ci permette di comprendere inequivocabilmente il significato che egli attribuisce al riferimento ai Cahiers de doléances. Dopo la definizione di Stato, Senghor specifica cos’è la Nazione: è il desiderio comune di vivere insieme ma soprattutto è questo momento in cui “i cittadini hanno superato le differenze – in particolare le differenze di razza, religione e casta. Per questo dico che la Nazione Senegalese nacque il 15 aprile 1789 quando i rappresentanti degli abitanti del Senegal inviarono le loro umilissime lamentele e rimostranze al popolo francese detentore degli Stati. In questi quaderni, ancora una volta, i senegalesi si presentavano come negri e francesi, senza alcuna discriminazione tra loro. Ciò significa che erano già una nazione.

Eppure lo stesso Senghor ci dice in Liberté 2 “lo Stato è l’espressione della nazione, è soprattutto il mezzo per realizzare la Nazione”. È questa la parola di un poeta che non si cura dell’esattezza dei fatti tanto cari allo storico e che si permette di giocare a suo piacimento con il rapporto cronologico e logico tra Stato e Nazione? Il Poeta gioca con la storia, contrasta la storia perché, in definitiva, si tratta di crearne un’altra per il nuovo homo senegalensis come amava dire. Creare un’altra storia significa creare un mito d’origine, che abbia una funzione fondativa e istituente.

Per Senghor si tratta di dimostrare che la partecipazione del suo popolo alla storia universale è un fatto che attesta la sua capacità di cittadino. Pertanto, anche se la democrazia senegalese costituisse per un momento un’eccezione sul suolo africano, essa non può in alcun modo essere intesa come un fatto ciclico, come un accidente della storia: sarebbe allora semplicemente qualcosa di naturale che la lunga durata lascia decifrare. . Se si parla ancora oggi in Senegal di Nazione, Repubblica, istituzioni repubblicane, è importante ricordare che queste ultime sono state forgiate dal sacrificio di uomini e donne di buona volontà, che hanno vissuto, anche nella sofferenza, affinché certi principi non cadere nell’oblio. Oggi si tratta di rispettare questa sofferenza e di custodirne l’eredità.

Aminata DIAW-CISSE,
Professore di filosofia, direttore dell’informazione e delle attività culturali e sportive
Università Cheikh Anta Diop di Dakar

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