Francia: ultime trattative per destituire l’estrema destra dal potere

Francia: ultime trattative per destituire l’estrema destra dal potere
Francia: ultime trattative per destituire l’estrema destra dal potere
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Ultimi negoziati per rimuovere l’estrema destra dal potere

Lunedì sera, 155 candidati della sinistra o del campo presidenziale di Emmanuel Macron qualificati per il secondo turno si erano già ritirati a favore di un rivale.

Pubblicato oggi alle 3:55 Aggiornato 2 ore fa

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La Francia vedrà martedì sera i manifesti del secondo turno delle elezioni legislative di domenica, dopo un’ondata di ritiri di candidati di destra e di sinistra, determinati a impedire all’estrema destra di andare al potere, ma ancora molto divisi.

Lunedì sera, 155 candidati della sinistra o del campo presidenziale di Emmanuel Macron qualificati per il secondo turno si erano già ritirati a favore di un rivale, secondo un conteggio provvisorio dell’AFP. Ma altri potrebbero ancora essere d’accordo.

Obiettivo: costituire un “fronte repubblicano” contro il Raggruppamento Nazionale (RN) di Jordan Bardella che, con i suoi ottimi risultati al primo turno, potrebbe formare la prossima settimana il primo governo di estrema destra in Francia dalla Seconda Guerra Mondiale.

Tre settimane dopo il catastrofico scioglimento dell’Assemblea nazionale da parte del presidente Emmanuel Macron, la RN ha raccolto il 33,1% dei voti con 39 deputati eletti al primo turno, inclusa la sua prestanome Marine Le Pen. Il partito ed i suoi alleati sono in testa nella maggioranza dei collegi elettorali, spingendo il presidente della RN, Jordan Bardella, 28 anni, a chiedere ai francesi le chiavi del potere.

“Serve la maggioranza assoluta”

«Abbiamo bisogno della maggioranza assoluta», ha aggiunto Marine Le Pen, figlia di Jean-Marie Le Pen, leader storico e cofondatore nel 1972, con due ex membri delle Waffen-SS, del Fronte Nazionale (divenuto RN nel 2018).

Il Nuovo Fronte Popolare (NFP), un’alleanza eterogenea di sinistra, ha ottenuto il 27,99% dei voti e conta già 32 eletti, mentre il campo presidenziale è crollato (20,8%). I suoi due poli sono condannati ad unire le forze a livello locale per bloccare la RN. Tra coloro che hanno già fatto il grande passo c’è la maggioranza dei rappresentanti del PFN e tre ministri.

Da entrambe le parti però c’è vaghezza e perfino discordanza. “Abbiamo sette giorni per evitare che la Francia sia catastrofica”, ha insistito l’eurodeputato socialdemocratico Raphaël Glucksmann, invitando tutti i candidati classificati al terzo posto a ritirarsi al secondo turno.

Ma per il suo alleato di sinistra radicale La France insoumise (LFI), la regola sarà imposta solo laddove la RN sia arrivata prima, secondo il suo leader molto controverso Jean-Luc Mélenchon.

LFI e RN rimandati uno dopo l’altro

Nel campo presidenziale la linea non è certo più chiara. Lunedì, durante una riunione del suo governo, Emmanuel Macron non ha dato istruzioni chiare, secondo diverse fonti ministeriali. Ma secondo un partecipante, ha affermato che “non un solo voto” dovrebbe “andare all’estrema destra”, sottolineando che la sinistra lo ha fatto eleggere presidente due volte, nel 2017 e nel 2022. Lunedì il capo dello Stato non ha rilasciato alcuna dichiarazione pubblica.

Diversi candidati macronisti hanno annunciato che rimarranno. E la maggioranza uscente tarda a sostenere un candidato della LFI, repellente per gli elettori centristi e per alcuni a sinistra, a causa degli eccessi di Jean-Luc Mélenchon. Il suo partito è stato accusato di antisemitismo e un importante funzionario sindacale lo ha definito “l’utile idiota di tutti coloro che non vogliono dimettersi”.

Lo stesso ministro dell’Economia Bruno Le Maire ha liquidato di fila LFI e RN, paragonando i loro programmi a “due Frexit (l’uscita della Francia dall’Unione europea, ndr) sotto mentite spoglie” nell’edizione del quotidiano Le Tuesday Figaro.

Il mondo sta guardando

La crisi politica francese è osservata in molte capitali europee e non solo. Il capo della diplomazia tedesca, Annalena Baerbock, ha ammesso di non poter “rimanere indifferente” al rischio che un partito “che vede nell’Europa il problema e non la soluzione venga largamente in testa” tra il suo vicino e alleato.

Il primo ministro polacco Donald Tusk ha parlato di “grande pericolo”. La leader italiana di estrema destra Giorgia Meloni, d’altro canto, è contenta che la “demonizzazione” non funzioni più. La Russia di Vladimir Putin ha fatto sapere di seguire “molto da vicino” le elezioni in Francia.

Con cautela, Washington ha indicato di avere “piena fiducia (…) nei processi democratici della Francia” e di voler continuare “una stretta cooperazione” con Parigi, mentre infuria la guerra tra Ucraina e Russia.

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