A la barre
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Giovedì 7 novembre nel pomeriggio, la Corte d'assise appositamente composta ha cercato di comprendere la personalità dell'attivista islamista accusato di aver consegnato Samuel Paty alla vendetta popolare e di aver galvanizzato la jihadosfera sui social network.
Possiamo dipingere un ritratto dell’attivista islamico Abdelhakim Sefrioui senza menzionare la religione o l’attivismo? Ancora più complicato: possiamo farlo senza la presenza di un esperto capace di confermare o smentire le nostre fantasie? In ogni caso, questo è l'esercizio che la Corte d'Assise appositamente composta ha affrontato il quarto giorno del processo per l'assassinio di Samuel Paty, giovedì 7 novembre, durante l'interrogatorio sulla personalità di Abdelhakim Sefrioui. Accusato di aver partecipato alla campagna d'odio contro il professore sui social network, in particolare descrivendolo come “delinquente”, l'uomo, 65 anni, risulta per associazione a delinquere terroristica. Rischia trent'anni di reclusione penale.
Dalla domanda tradizionale “riconosci i fatti?” chiesto dal presidente Franck Zientara come preambolo al suo interrogatorio, Abdelhakim Sefrioui, occhiali sulla punta del naso, si lancia con sicurezza