Il Premio Goncourt premia Kamel Daoud per “Houris”

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Lo scrittore Kamel Daoud, a Manosque (Alpi dell'Alta Provenza), nel settembre 2024. JOEL SAGET/AFP

Il Premio Goncourt premia Oredi Kamel Daoud (Gallimard, 416 pagine, 23 euro, digitale 15 euro), annunciato lunedì 4 novembre dal ristorante parigino Drouant, l'Accademia recentemente presieduta da Philippe Claudel. Erano anche in lizza Madelaine prima dell'albadi Sandrine Collette (JC Lattès), Jacarandadi Gaël Faye (Grasset) e Arcipelaghidi Hélène Gaudy (L'Olivier).

Proclamato nello stesso luogo all'indomani del Goncourt, il premio Renaudot premia Gaël Faye per Jacaranda.

Una figura importante nel dibattito pubblico in Francia

Annunciato da settimane come il preferito, Ore quindi riesce Veglia su di leidi Jean-Baptiste Andrea (L'iconoclasta). Con questo romanzo, Kamel Daoud appare per la seconda volta nella final four di Goncourt, undici anni dopo Contro-inchiesta di Meursault (Actes Sud, 2014), vincitore infine del Goncourt per il primo romanzo. Il decennio successivo porta lo scrittore, nato nel 1970 in Algeria, a Mostaganem, giornalista storico di Orano quotidianoeditorialista presso Puntocome figura importante nel dibattito pubblico in Francia. Si stabilì lì nel 2023, tre anni dopo aver ricevuto la nazionalità francese.

Ore fece del suo autore il primo algerino a vincere il Goncourt, anche se il libro fu bandito nel suo paese e causò senza dubbio l'esclusione di Gallimard dalla Fiera del Libro di Algeri. Il romanzo trasgredisce infatti un articolo della Carta per la pace e la riconciliazione nazionale, che vieta l'evocazione di “ferite della tragedia nazionale”espressione che designa la guerra civile che ha contrapposto gruppi islamici all'esercito algerino dal 1992 al 2002, provocando tra i 60.000 e i 200.000 morti e migliaia di dispersi.

Dal silenzio allo scontro

O Ore metti questo nel suo cuore “decennio nero”. Vent'anni dopo la fine dei combattimenti, la storia si svolge oggi in due parti: dall'ombra alla luce, dal silenzio allo scontro. Innanzitutto, il monologo cupo e lirico di Aube, 26 anni, una cicatrice a forma di sorriso al collo, che parla al bambino che porta in grembo. Non lo darà alla luce in questo paese che gli ha tolto tutto, dice. Poi, il soliloquio di un autista-librai che la fa salire sulla sua macchina quando voleva lasciare Orano a piedi. In un viaggio commemorativo, porterà Aube in questo villaggio dove, una notte, gli islamisti hanno ucciso e sgozzato.

Ha una conoscenza enciclopedica della guerra civile, al punto da essere considerato un pazzo; ne porta le cicatrici, ma non ha più le corde vocali per parlarne. Abbracciando il disordine dei loro ricordi, il romanzo evoca immagini sepolte, riproponendo orrori negati nella speranza di attestarli. Più che un'opera di verità, Kamel Daoud pone le basi per una liberazione della parola.

Il mondo dei libri et Gladys Marivat (Collaboratore di “Il mondo dei libri”)

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