N°683 : Françoise Hardy… – Rock&folk

N°683 : Françoise Hardy… – Rock&folk
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La rosa è senza perché

Sei contro il ritmo? Per il romanticismo?”lo interrogò A Mirei nello spettacolo Le Petit Conservatoire degli anni dell’ORTF. “Io sono tra i due“, rispose il giovanissimo “signorina Hardy”. Era già così, sì. La ragazza disarmante. Questo non esiste. Non esiste un essere umano così. Tranne lei. Un’anomalia sì-sì? Una bruna nell’era delle bionde. Un compositore tra gli interpreti. Un leader tra le muse. Un amante senza amante. Una rosa senza perché… “La rosa è senza perché, fiorisce perché fiorisce. Non si preoccupa di se stessa, non chiede se qualcuno la vede.”.

Abbiamo in mente l’immagine di questa giovane ragazza dall’aspetto triste, seduta nel cestino di una ruota panoramica, Place de Clichy, con i capelli che svolazzano al ritmo dell’inquietante andirivieni della giostra. Dallo scopitone del brano “Tous Les Garçons Et Les Filles”, prodotto da Claude Lelouchtutti gli elementi della mitologia di Françoise Hardy sono già lì: uno sguardo malinconico sul mondo e sulle relazioni sentimentali, solo in mezzo a tutti, un posizionamento da outsider, lontano da ciò che accadeva in quel momento.

E poi questo fascino, un misto di fragilità ed eleganza, di assenza, che ha fatto impazzire i suoi contemporanei e l’ha resa l’icona di una generazione, quella dei suoi esordi e anche di quelle dopo. “Le più disperate sono le canzoni più belle“Dissait Alfredo di Musset Cosa mi è piaciuto citare? Françoise Hardy quando le è stato chiesto perché scrivesse canzoni tristi. Ha sublimato la malinconia come nessun altro e ha creato un’opera unica, un’opera di rifugio quando la milza, l’indeterminatezza dell’anima lega la gola.

Qualche mese fa abbiamo parlato della maledizione della chiusura, di questa abitudine che hanno certi personaggi di morire proprio mentre la rivista va in stampa. Quando Françoise Hardy indossò il suo abito di lamé per unirsi alle stelle che aveva imparato a leggere, la domanda non si pose. Fermiamo le macchine da stampa e ricominciamo tutto da zero. Ecco il nostro omaggio.

Ritorno sulla Terra: nel 1943, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, Woody Guthrie scrisse una canzone intitolata “Talking Hitler’s Head Off Blues” e poi decise di esporre sulla sua chitarra un adesivo che sarebbe diventato iconico: “Questa macchina uccide i fascisti”. Molti dei suoi discepoli, Bob Dylan in testa, avrebbero fatto del rock – musica di incrocio – un vettore della lotta contro il fascismo. Donovan sfoggiava addirittura una chitarra decorata semplicemente con “This Machine Kills”, pensando ingenuamente che il fascismo fosse morto.

Oggi la scelta non è così semplice… Questo scioglimento lascia due opzioni:
da una parte l’orchestra peruviana con cuffia e flauto di Pan, dall’altra la banda militare… o Mireille Mathieu…per usare la metafora musicale, eh. In un momento in cui partiti portatori di ideologie la cui data di scadenza sembrava ormai raggiunta – senza una parola per definire la cultura – sono alle porte del potere, forse sarebbe bene pensare allo zio Legnoso. Per dirci che la nostra musica, che tanto ha fatto per l’uguaglianza, può ancora dire la sua. Lasciamo che la sua voce conti. Votiamo!

Vincent Tannières

Riepilogo

I miei dischi

Olivier Lorquin di Stan Cuesta

Headliner

Penny Arcade di Matthieu Vatin
Giovanni Cale di Jérôme Soligny
Ingabbia l’elefante di Romain Burrell
Michele Testa di Alexandre Breton
Barra di Jonathan Witt
Alan Vega di Alexandre Breton

Una vedetta

Anguille di Romain Burrell
Caleb Landry Jones di Eric Delsart
Appuntamento di Thomas E. Florin
David Bowie di Jérôme Soligny
Riccardo Thompson di Nicolas Ungemuth

In prima pagina

Françoise Hardy di Pierre Mikaïloff

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