Come se il nebuloso progetto di riforma della radiodiffusione pubblica non bastasse, Radio France è stata al centro del ciclone mediatico degli ultimi giorni, con un posizionamento che interroga.
Che si tratti di un comico o di un giornalista che ha lavorato su uno dei nostri canali, Radio France dimostra di avere paura della propria ombra.
In entrambi i casi, dà il la spiacevole sensazione di voler accontentare i critici più estremisia prendendo decisioni affrettate, sia essendo a dir poco goffo, alimentando di fatto lo sfogo di odio sui social network.
Le principali qualità che ci aspettiamo da un manager in momenti così delicati sono la compostezza e la capacità di prendere il sopravvento, per non reagire in modo eccessivo e concentrarsi sui principi essenziali.
Allora diciamolo: dispiacere e provocare è l’essenza della satira politica, e questo ne fa parte libertà di espressione nel rispetto della legge.
Per quanto riguarda le molestie e le minacce, nessun dibattito le rende accettabili.
Non cercare di compiacere
È illusorio sperare di conquistare le grazie di chi approfitta di questi episodi per attaccare il servizio pubblico, cosa che accetterebbe solo a sua discrezione. Dare loro promesse nella speranza di accontentarli servirebbe solo a incoraggiarli.
Non siamo sciocchi, queste tensioni hanno un solo obiettivo: indebolire Radio France e le sue équipe in un momento in cui alcuni sognano di vederli scomparire in una grande fusione che mira a indebolire la radiodiffusione pubblica e, in definitiva, a riprenderla in mano.
Più che mai la radio del servizio pubblico deve restare un baluardo contro ogni tipo di invettiva: deve restare in piedi. Gli ascoltatori meritano una pluralità di toni e di punti di vista.