Un'indagine militare israeliana ha concluso che la presenza delle sue truppe nel sud di Gaza ha probabilmente portato all'esecuzione di 6 ostaggi da parte di Hamas in agosto. I corpi delle vittime furono ritrovati in un pozzo. Israele e Hamas sono impegnati in intensi negoziati indiretti nel tentativo di…
Un'indagine militare israeliana getta nuova luce sul tragico destino di sei ostaggi assassinati lo scorso agosto nella Striscia di Gaza. Secondo i risultati resi pubblici martedì, la presenza delle truppe israeliane che operano nel sud dell'enclave palestinese ha fatto precipitare la decisione dei combattenti di Hamas di giustiziare sommariamente i prigionieri.
Ostaggi colpiti alla testa
I corpi dei sei uomini, tutti israeliani, sono stati scoperti alla fine di agosto dall'esercito in un pozzo sotterraneo nella regione di Rafah, a Gaza. Erano Carmel Gat, Eden Yerushalmi, Hersh Goldberg-Polin, Alexander Lobanov, Almog Sarusi e Ori Danino. All’epoca, il primo ministro Benjamin Netanyahu dichiarò che erano stati “giustiziati” con una pallottola “in testa”.
L'esercito israeliano ha quindi avviato un'indagine per far luce sulle circostanze esatte della tragedia. Le sue conclusioni, rivelate martedì, indicano chiaramente la responsabilità della presenza militare israeliana:
Le attività di terra dell'esercito, sebbene graduali e caute, hanno avuto un'influenza circostanziale sulla decisione dei terroristi di uccidere i sei ostaggi.
esercito israeliano
In altre parole, se le truppe non fossero state così vicine, il destino dei prigionieri avrebbe potuto essere diverso. Il capo di stato maggiore ha così accertato che “gli ostaggi sono stati uccisi dal fuoco dei terroristi di Hamas, mentre nella zona operavano le forze dell'esercito. »
Si riaccendono le speranze per un accordo sugli ostaggi
Sulla scia di queste rivelazioni, l'Hostage Families Forum, la principale associazione dei parenti dei prigionieri, ha lanciato un appello a “riportare indietro tutti gli ostaggi”. Dall’attacco senza precedenti compiuto da Hamas in Israele il 7 ottobre 2023, a Gaza sono ancora detenute 96 persone delle 251 rapite, 34 delle quali sono state dichiarate morte dall’esercito.
Nei giorni scorsi i negoziati indiretti tra Israele e Hamas, attraverso la mediazione di Qatar, Egitto e Stati Uniti, hanno ravvivato le speranze di un accordo. Lunedì, davanti al Parlamento, Benjamin Netanyahu ha riferito di “alcuni progressi” nelle discussioni. Martedì, il suo ufficio ha detto che i negoziatori israeliani erano tornati dal Qatar dopo “negoziati significativi” e stavano tornando “in Israele per consultazioni interne riguardanti la continuazione dei negoziati per la restituzione dei nostri ostaggi”.
Un bilancio pesante per i civili
L'attacco di Hamas del 7 ottobre, il più sanguinoso avvenuto in Israele da anni, ha provocato la morte di almeno 1.208 persone, in maggioranza civili, secondo un rapporto di fonti ufficiali israeliane. La risposta militare di Israele nell'enclave palestinese è costata la vita a più di 45.000 palestinesi, sempre in maggioranza civili, secondo il Ministero della Sanità di Hamas, i cui dati sono considerati credibili dall'ONU.
Al di là dello spaventoso tributo umano, questo nuovo conflitto ha gettato Gaza in una crisi umanitaria senza precedenti. La piccola striscia di terra sovrappopolata, sotto il blocco israeliano da più di 15 anni, vede le sue infrastrutture vitali devastate e fatica a soddisfare i bisogni più elementari della sua popolazione.
Se un accordo sugli ostaggi sembra prendere forma, il cammino verso una pace duratura appare ancora molto lungo e irto di insidie. Le rivelazioni dell'inchiesta militare israeliana sull'assassinio dei sei prigionieri non fanno altro che sottolineare la fragilità della situazione e l'urgenza di una soluzione politica per uscire dalla spirale della violenza.