Dalla mattina del 1° gennaio fino al 31 dello stesso mese è consuetudine augurarsi “un felice anno nuovo”. E soprattutto salute! » Questo uso ha un consenso e persiste nonostante tutto. Certamente l’invio di auguri via Internet – in particolare l’invio di gruppo tedioso e impersonale – ha sostituito le graziose cartoline di un tempo, con paesaggi morbidamente innevati, talvolta arricchiti da una sottile rete d’argento, su cui abbiamo applicato la sua scritta più bella . Ma alla fine, anche nella sua forma moderna, l’usanza persiste.
Un rito millenario?
Bisogna riconoscere che questo uso non è così antico come si potrebbe credere. Certamente l’uso del 1 gennaio come inizio dell’anno risale all’adozione del calendario giuliano da parte dei romani nel 45 a.C., sotto Giulio Cesare. Ma nulla dice che ci siamo augurati “un felice anno nuovo” sulla base di questa decisione. Tanto più che qualche decennio dopo, la nascita, il 25 dicembre, di un certo Gesù di Nazareth avrebbe cambiato la situazione. Sebbene questa data sia fittizia e corrisponda, di fatto, alla festa pagana del Nuovo Anno (le giornate ricominciano ad allungarsi!), il Natale sarà celebrato per secoli in tutto il mondo cristiano con eccezionale fervore, eclissando l’avvento del nuovo anno. Quindi ci siamo augurati un “buon Natale” piuttosto che un “felice anno nuovo”.
Secondo Wikipedia, questa usanza proviene dall’Inghilterra e risale solo al 1840, con la comparsa del primo francobollo che facilitava la circolazione della posta. È a partire da questa data che si sarebbe diffuso in tutto il mondo occidentale. O.
Già nel XVII secolo
Come tutti sanno, le fonti prese da internet possono essere le cose migliori o peggiori. Così, la recente scoperta, da parte di Clair Morizet, di una lettera scritta il 26 dicembre 1734, ci insegna qualcosa di completamente diverso. Questo studioso di Clairac si mobilitò – e mobilita individui e istituzioni – per riacquistare all’asta, a Parigi, un fondo prezioso appartenuto allo Chevalier de Vivens, uomo dell’illuminismo clairaciano, amico di Montesquieu e autore di numerosi esperimenti sull’elettricità con Jacques de Romas.
Ora, in una delle sue lettere, indirizzando i suoi auguri alla marchesa de Jaucourt, ecco cosa scrive: “I nostri padri furono persone sagge ad aver stabilito, tra le altre lodevoli usanze, quella di scriversi prima dell’Anno; nonostante non ci siamo ancora approfitto con piacere di questa struttura, la mia impazienza non mi permette di aspettare fino a sabato. Quindi le auguro in anticipo un felice anno nuovo, ma, signora, cosa non è compreso in questo augurio! Dovremmo elencarli? Salute perfetta, per te, per il tuo degno marito, per i tuoi giovani gentiluomini e per tutti coloro che ami: piaceri, amenità, tranquillità, e finalmente un buon anno nuovo, un delizioso raccolto dei beni più desiderati di questo mondo, questo è quello che auguro a te tanto e oso dire più che a me stesso. »
“Lodevole consuetudine” stabilita dai “nostri padri” scrive il cavaliere: la formula, così come la data, restano vaghe. Ma una cosa è certa: già nel 1734 le persone si scrivevano per augurarsi “un felice anno nuovo”, e questa usanza non risaliva al giorno prima.