La Francia non è più una potenza militare in Africa. Questa concisa osservazione si rende necessaria dopo l’annuncio, martedì, da parte del presidente ivoriano Alassane Ouattara, della consegna della base di Port-Bouët, situata ad Abidjan. Questa decisione è simile a quelle prese dal Ciad e dal Senegal lo scorso novembre. Si aggiunge alla cessazione delle operazioni militari francesi nel Sahel nel 2022-2023, sotto la pressione delle giunte al potere in Mali, Burkina Faso e Niger. Queste basi erano diventate il segno di una dipendenza ormai respinta. Presto ne rimarranno solo due: uno in Gabon – per quanto tempo? –, l’altro a Gibuti, il cui contratto è stato rinnovato nel luglio 2024. Ma la sua missione è focalizzata soprattutto nell’Oceano Indiano e nel Mar Rosso.
Per l’esercito francese si conclude una fetta di storia che risale all’epoca coloniale e alle varie epopee della Seconda Guerra Mondiale. Una parte dell’istituzione vive con amarezza questo ritiro, assunto invece dall’alto comando. Dopo l’invasione dell’Ucraina, la Russia considera prioritario prepararsi a un conflitto ad alta intensità in Europa e contrastare le guerre ibride che si svolgono nel cyberspazio e nel campo dell’informazione.
Tuttavia, le relazioni tra Francia e Africa non si limitano al campo della difesa. Coinvolgono anche la diplomazia, la cooperazione, gli scambi commerciali, i legami umani forgiati dalle diaspore… I continenti europeo e africano sono geograficamente intrecciati e strettamente legati per affrontare le grandi sfide contemporanee: il cambiamento climatico, le migrazioni, la concorrenza delle grandi potenze, la riduzione del Nord -Le disuguaglianze del Sud… È impossibile voltarci le spalle. Al contrario, dobbiamo costruire insieme il futuro.