“A casa mangiamo puding chômeur a Natale e samosa a Capodanno”, dice Maïka Sondarjee in Di dove sei? (Lux).
Pubblicato alle 5:00
Il titolo di questo gioioso saggio sugli incroci e sui confini ha subito catturato la mia attenzione.
“Di dove sei?” » è una domanda che mi viene posta costantemente e alla quale spesso faccio fatica a rispondere. La breve risposta che appare sul mio certificato di nascita (Montreal) lascia il mio interlocutore con la voglia di saperne di più. La versione lunga richiederebbe la condivisione di diversi pasti giganteschi con il puding chômeur a Natale, il kebbé bel labaniyé e il kunafa a Capodanno.
Leggendo le riflessioni di Maïka Sondarjee, a cui spesso viene posta questa stessa domanda, mi sono reso conto che in un certo senso provenivo dal suo stesso posto. No, non sono come lei di origine indo-malgascia e franco-canadese. Non sono nemmeno figlia dell'Oceano Indiano e del fiume San Lorenzo. Cercate invece sia il Mediterraneo che la Rivière des Prairies…
Detto questo, per quanto riguarda Maïka, per rispondere davvero alla domanda “Da dove vieni?” ”, mi porterebbe a fare deviazioni attraverso quattro continenti.
Come lei, io, nata a Montreal da padre franco-senegalese di origine libanese e madre siriana di origine armena che hanno lasciato la valigia e i loro sogni in Quebec nel 1967, avrei bisogno di un vaso di tratti di unione e gratitudine raccontando la storia della mia famiglia.
E soprattutto, in casa come a casa, la casa è soprattutto uno spazio di confine dove convivono più mondi contemporaneamente.
Quando si parla di confini, generalmente si parla di quelli che dividono. Ma il libro di Maïka Sondarjee, docente alla Scuola di Sviluppo Internazionale e Globalizzazione dell’Università di Ottawa, parla più dei confini che non fanno mai notizia: quelli che uniscono. Quelli che possiamo abitare, tra più mondi. Un mondo di mescolanza e tensione per coloro la cui identità non rientra in nessun riquadro del modulo di censimento.
Noémi Mercier, la cui madre lasciò Haiti per il Quebec all'età di 20 anni e il cui padre è un quebecchese “nativo”, racconta nella prefazione a Di dove sei? che ha sempre difficoltà a compilare questo tipo di moduli.
Non è l'unica. Molte persone, cresciute al crocevia di diverse culture o di diverse lingue, non trovano la loro strada. Tanto che non è raro che le stesse persone spuntino caselle diverse nel corso dei censimenti.
Per quanto mi riguarda, non so mai se sono un allofono, un francofono o semplicemente una persona senza voce secondo le piccole caselle di Statistics Canada. Non sono nemmeno sicuro se, con la mia carnagione pallida invernale, nostalgica del sole del Mediterraneo, io sia una minoranza visibile o invisibile.
Leggere Maïka mi ha aiutato a ricordare che sono le scatole ad essere carenti, non gli esseri che non sanno come orientarsi al loro interno.
Noémi Mercier, nella prefazione al libro
Anche se Noémi, Maïka ed io non condividiamo lo stesso albero genealogico e, a differenza di loro, non ho un genitore di qui e un genitore di altrove, siamo legati in qualche modo da questo “mondo tra”. Lo vedo più come uno stato d'animo che come un club privato riservato a chi ha antenati provenienti da almeno due paesi diversi. Un invito ad abitare il confine, a ripensare l’identità non, come insiste il discorso dominante, come una categoria immutabile, ma piuttosto come qualcosa di poroso, plurale e in movimento.
“La nostra storia e quella dei nostri antenati colorano la nostra storia, ma anche la nostra capacità di inventarne altre”, scrive Maïka Sondarjee. Ciò che lega tutte le persone miste non è vedere il mondo da un punto geografico comune, ma da uno spazio di confine. »
In Identità omicide (Grasset), Amin Maalouf spiega che gli esseri di confine possono svolgere un ruolo essenziale nelle nostre società: tessere legami, dissipare incomprensioni, ragionare tra loro, temperare gli altri… La loro vocazione è quella di essere ponti tra culture diverse. A condizione, naturalmente, che siano autorizzati ad assumere le loro molteplici appartenenze e che non venga loro ordinato di scegliere con rabbia IL lato del confine che sarebbe quello giusto.
Come la passerella, che presuppone che le culture siano come sponde opposte, congelate nello spazio, Maïka Sondarjee preferisce quella della soglia da cui emerge il pensiero di confine, tutto in sfumature. Un pensiero che ci permette di rifare il mondo oltre gli stereotipi e le divisioni Noi/Loro. Un “trampolino di lancio per immaginare un'infinità di possibilità, nuove relazioni e modi di creare un mondo in comune”. Perché nella vita, come alle feste di Natale, non è spesso sulla soglia che si fanno le conversazioni migliori?
Di dove sei? Riflessioni su incroci e confini
Maika Sondarjee
LUX
134 pagine