Per Hicham Alaoui l’esperienza islamista in Marocco è diversa da quella tunisina. A differenza di Ennahdha, che ha potuto esercitare il potere con una certa libertà, il PJD ha subito una “tutela forzata” che gli ha impedito di attuare pienamente le sue riforme. Un’amara constatazione che lo porta a criticare il sostegno del partito alla normalizzazione dei rapporti con Israele.
Se il principe si dice favorevole alla riconciliazione con gli ebrei marocchini che hanno lasciato il Paese, disapprova la cooperazione con l’attuale governo israeliano. Egli denuncia la politica condotta contro i palestinesi, definendo l’atteggiamento di Israele “severamente rimproverato e criticato”.
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Per quanto riguarda il suo rapporto con il re Mohammed VI, Hicham Alaoui invita al rispetto della funzione reale pur riaffermando la sua libertà di parola. “Un uomo libero”, vuole contribuire al dibattito pubblico in maniera “tranquilla e responsabile”.
L’autore del libro Islam e democrazia – Come cambiare il volto del mondo arabo invoca un’evoluzione della monarchia marocchina. Ispirandosi ai modelli inglesi e spagnoli, chiede la creazione di una “formula autentica marocchina” che garantisca la libertà del popolo. “Convinzioni personali” che intende condividere e difendere.
Attento osservatore della scena politica tunisina, accoglie con favore la scelta di Rached Ghannouchi, leader di Ennahdha, di separare la religione dalla politica nel 2016. Una decisione coraggiosa che, secondo lui, dimostra la “credibilità” del partito.
Infine, il principe non esita a definire il presidente tunisino Kaïs Saïed “autoritario populista”, paragonandolo a figure controverse come il primo ministro ungherese Viktor Orbán.
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