IL Larousse definisce il caos come “un insieme di cose capovolte che danno l’immagine di distruzione, rovina, disordine”. In breve, benvenuti nell’era Trump e, forse nel 2025, nell’era Poilievre.
Donald Trump non è ancora tornato alla Casa Bianca e sta già seminando il caos.
Minaccia il Canada e il Messico con dazi del 25% sui loro prodotti fino a quando tutte le droghe e gli immigrati illegali, secondo le sue parole, non smetteranno di “invadere” gli Stati Uniti.
Delirio? Un bluff? Hai la scelta. Il leader conservatore Pierre Poilievre è anche un apostolo della politica del caos.
No, non un caos violento, ma quello di cui, secondo lui, sta soffrendo il Canada sotto Justin Trudeau, di cui incolpa fino alla nausea per tutti i mali della Terra.
Ora accusa il Primo Ministro liberale di “riportare il Canada a 15e secolo mentre lo scorbuto riappare perché i canadesi non possono permettersi frutta e verdura fresca.
Delirio? Politica del gatto di strada?
Ben al di là di un’inevitabile politica di parte, il leader conservatore spinge sempre oltre il limite della demagogia. La sua missione: imporre l’immagine di un Canada “rotto” in tutto per colpa esclusiva di Justin Trudeau.
Salvatore?
La sua soluzione? Lui, ovviamente, come salvatore di questo povero Paese in difficoltà.
Questa settimana, Poilievre ha addirittura incolpato Trudeau perché venerdì sera, mentre scoppiava una rivolta antisemita nel centro di Montreal, è stato visto ballare con sua figlia ad un concerto di Taylor Swift.
Come se non fosse compito della SPVM prevenire gli atti vandalici nelle nostre strade. Cosa che non ha fatto.
In puro stile trumpiano, Poilievre ha colto l’occasione anche per accusare il suo avversario di aver “aperto le frontiere a terroristi e criminali”.
“E mentre ballavi”, ha concluso, indicando Trudeau, “Montreal bruciava”. Insomma, come l’imperatore Nerone che suonava il violino mentre Roma bruciava…
Disprezzo per i media
In qualità di leader dell’opposizione ufficiale, Pierre Poilievre può criticare Justin Trudeau per diverse politiche pubbliche, inclusa la sua mancanza di chiarezza sul conflitto Hamas-Israele.
A 20 punti dai conservatori, a pagare il prezzo nei sondaggi sono i liberali.
Il problema è che il discorso di Poilievre non si limita a denunciare i liberali per il loro governo. Sceglie l’invettiva, la demagogia e l’attacco ultrapersonale contro lo stesso Justin Trudeau.
Fa parte della sua ricetta anche il suo profondo disprezzo per i cosiddetti media tradizionali, sempre in stile Trump.
Sorprendentemente, funziona in un paese che si credeva provenisse da una cultura politica più pacifica. Il Canada, fatta eccezione per alcune sacche di resistenza, sta a sua volta cadendo in una politica apertamente populista.
Sulla rete X, il mio collega Pierre Martin scrive che “questo secondo mandato di Trump sarà un momento molto brutto per tutti”.
Sembra che il primo mandato di Poilievre, se si concretizzerà l’anno prossimo, spetterà anche ai canadesi.