L’annuncio di Donald Trump sull’imposizione di dazi doganali sui prodotti canadesi e messicani ha avuto l’effetto di un terremoto politico. Sorpresa? Non proprio, ha promesso. Ma speravamo ingenuamente – come chi crede che il suo gatto non rovescierà il bicchiere d’acqua – che finisse per accantonare questa idea. Beh, no. E ora abbiamo una data: 20 gennaio.
Inutile dire che è come ricevere un avviso di sfratto: hai due mesi per salvare i mobili. In meno di 60 giorni, i nostri governi dovranno convincere un presidente appena eletto – e visibilmente immune al buon senso – a rinunciare a una delle sue promesse elettorali di punta. Missione impossibile? No, missione suicida.
IL DISASTRO ECONOMICO NEL MERCATO
Se queste tariffe vedessero la luce, le nostre aziende esportatrici potrebbero ritrovarsi in una tempesta finanziaria senza precedenti. Le ripercussioni? Un’ondata di licenziamenti nelle nostre PMI, eroine silenziose dell’economia canadese e del Quebec. Immaginate un gigantesco domino: meno entrate, meno investimenti in innovazione (già non il nostro punto di forza) e una produttività che rallenta ancora più del solito. E perché tutto questo? Perché un uomo ha deciso di giocare con i prezzi come giochiamo noi Monopolio.
L’aggiornamento economico della scorsa settimana, già obsoleto, potrebbe diventare un documento storico del “tempo in cui tutto andava ancora bene”. Perché da gennaio la crescita potrebbe crollare. E non sarebbe nemmeno a causa di questa dolce incertezza che amiamo odiare, ma direttamente a causa di questa nuova barriera commerciale che promette di complicare la vita a tutti noi.
TRUMP, TARIFFE E… FENTANYL?
La cosa più preoccupante è che queste tariffe non sono nemmeno legate al commercio. Trump li usa per imporre le sue opinioni sull’immigrazione e sulla lotta al fentanil. Seriamente, chi confonde così tanto le proprie priorità? E soprattutto, che garanzie abbiamo che non riutilizzerà questa tattica su altri temi, come la difesa o l’ambiente? Spoiler: nessuno.
Dopo questa dichiarazione si è diffuso il panico. Riuscirà Justin Trudeau a calmare la tempesta con il suo Team Canada, di cui non conosciamo la strategia? Riuscirà Pierre Poilievre a far sì che Donald Trump comprenda il “buon senso”? E soprattutto, quale sarà l’impatto di questo caos sul nostro già abissale deficit? Le domande fioccano, ma si attendono ancora le risposte.
UNA VITTORIA PER TRUMP, UN SACRIFICIO PER NOI
Una cosa è chiara: Trump vuole una vittoria politica. E perché si tiri indietro, dovrai offrirgli un osso da rosicchiare. Ma quale? La gestione dell’offerta potrebbe essere sacrificata sull’altare delle trattative? Questa scelta, per quanto dolorosa, potrebbe ben definire le questioni della prossima campagna elettorale federale.