32 anni fa l’assassinio di Boudiaf e ciò che rivelò su un regime militare che decima la sua popolazione

32 anni fa l’assassinio di Boudiaf e ciò che rivelò su un regime militare che decima la sua popolazione
32 anni fa l’assassinio di Boudiaf e ciò che rivelò su un regime militare che decima la sua popolazione
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Di Hassan Alaoui

Esattamente trentadue anni fa, lunedì 29 giugno 1992, il presidente algerino Mohamed Boudiaf veniva assassinato freddamente ad Annaba, a bruciapelo mentre teneva un discorso – l’ultimo ovviamente – davanti alle telecamere. Aveva costruito una piccola vita da esule in un Marocco che gli dimostrava ospitalità fraterna, solidarietà e sostegno…

Questo omicidio vivente è stato commesso da una delle sue guardie del corpo, il sottotenente Lambarek Boumaarafi, detto Abdelhak, del Gruppo di intervento speciale (GIS, truppa d’élite dei servizi segreti) che agiva sotto il comando di Toufik Medine, il generale criminale del suo stato e capo inamovibile all’epoca dei servizi segreti (DRS). “ Abdelhak “, la sua creatura aveva agito su ordine, ovviamente, contrariamente a quanto detto in precedenza, e cioè un ” atto isolato »! In effetti, il DRS, nella sua ossessiva cultura della menzogna, aveva tentato invano di presentare l’assassino come un fanatico islamista. Era il culmine della frode, come se Mohamed Boudiaf fosse un avversario o un nemico degli islamisti.

L’anno 1992 costituì infatti il ​​sinistro apogeo del generale” Toufik » di fronte al Fronte Islamico di Salvezza (FIS) e agli inizi del “ decennio oscuro » che causerà quasi 100.000 morti. Mohamed Boudiaf non erano trascorsi più di sei mesi dal suo ritorno in Algeria prima di essere fucilato pubblicamente, anche se voleva servire il suo Paese e il suo popolo, come in un’ultima raffica, finalmente felice di essere accanto alla sua famiglia dopo aver trascorso un periodo di tregua poco più che trentenne a Kenitra, si è ritirato volontariamente dalla politica. Aveva creato una piccola impresa edile, una fornace per l’esattezza, imponendo un ritmo di vita quasi spartano, alzandosi ogni mattina alle 5 in puntoeseguendo regolarmente la sua preghiera prima di unirsi al suo “ fatto »…Sua moglie Fatiha, i suoi figli vivevano con lui coltivando un po’ di nostalgia per l’Algeria.

Sono stati i soldati algerini che, quasi implorandolo, hanno chiesto a Mohamed Boudiaf di tornare in Algeria. La situazione nel 1992, soprattutto dopo la partenza di Chadli Bendjedid, era catastrofica. La sua missione era quella di ripristinare la fiducia del popolo, di riuscire nell’audace scommessa della riconciliazione nazionale, tanto più che questo stesso popolo – dopo essere stato messo sotto il moggio durante gli anni boumediene – aspirava a un’esistenza migliore e, già, non sopportava il peso di piombo impostogli dal potere militare. Il defunto Boudiaf era noto per la sua onestà e rigore intellettuale, figlio del popolo in cui era nato, figlio del popolo in cui era rimasto. Era entusiasta di tornare nel suo paese, di dover servire il suo popolo dal quale era stato separato contro la sua volontà all’indomani della rivoluzione algerina, rivoluzione che era stata confiscata da Boumediene e dai suoi compagni.

Un episodio significativo di questo movimento nella storia del Marocco e dell’Algeria che ci riporta indietro è quello dell’aereo che nel 1955 doveva imbarcare i caccia algerini in direzione della Tunisia, aereo che era stato intercettato dalla Francia e dai suoi passeggeri portati nella prigione di Aulnay, in Francia. Si tratta di Mohamed Boudiaf, Rabah Bitat, Mohamed Khider, Ahmed Ben Bella e Houcine Aït Ahmed… Il potere algerino, cioè Boumediene e i suoi pagati, non hanno mai smesso di ingannare il popolo algerino e la comunità magrebina, sostenendo in continuazione che il re del Marocco, il defunto Mohammed V e il principe ereditario Moulay Hassan (Hassan II) si erano resi complici della Francia per fermare in pieno decollo i 5 attivisti nazionalisti algerini in partenza per Tunisi dove si svolgeva un incontro intermagrebino.

Il colmo della menzogna, della vera disinformazione! Perché su questo aereo il re Mohammed V aveva preteso di essere lì e di farne parte. Fu, come dirà ufficialmente più tardi Houcine Aït Ahmed, a dissuaderlo, “folle”. Esiste ancora il video di questa dichiarazione di Houcine Aït Ahmed alla televisione francese in cui nega le false accuse avanzate dai servizi di Boumediene. Sospettiamo che se il re del Marocco avesse cattive intenzioni nei confronti dei leader algerini, rischierebbe comunque la propria vita per imporsi sull’aereo con loro… Questo episodio è deplorevole, ci aveva già predetto l’ostilità delle tarantole e delle tarantole algerine in particolare Boumediene. La verità storica si impone e Houcine Aït Ahmed ha voluto restaurarlo in nome della memoria del popolo, marocchino e algerino. Ha reso un vibrante omaggio al sultano Mohammed V, al suo coraggio, al suo sostegno, alla sua solidarietà esemplare.

Mohamed Boudiaf nell’esilio forzato aveva trovato rifugio in Marocco, il Paese che lo aveva ospitato ma che era diventato la sua amata terra che difendeva con le unghie e con i denti. L’esercito algerino non gli aveva mai perdonato la sua relativa vicinanza al re Hassan II, ansioso di raggiungere un giorno una soluzione al problema del Sahara. Boudiaf è sfuggito alle grinfie dell’esercito algerino e al potere di Boumediene, che, ispirandosi a Stalin, aveva quasi liquidato o incarcerato tutti coloro che incarnavano il suo contropotere: Aban Ramdan – originario della Cabilia – assassinato in Marocco in un attentato, Mohamed Khider, Krim Belkacem “liquidò” uno a Madrid nel 1967, l’altro a Francoforte nel 1970, Ferhat Abbas il presidente della GPRA, Benkhedda, Ben Bella. Dobbiamo anche ricordare la sanguinosa imboscata in cui cadde il 21 agosto 1993 Kasdi Merbah, un tempo formidabile e temuto. patrono » del DRS, originario di Fez che ha quasi compiuto l’impresa di raggiungere un accordo politico con gli islamisti di Fez ma che i generali hanno assassinato davanti alla sua casa ad Algeri. Cadrà sotto i proiettili degli scagnozzi di “ Toufik » Mediene, de Nizar e Larbi Belkheir… questi tre pittoreschi generali che avevano incarnato la repressione più sanguinosa e il vero genocidio dell’élite del paese. Sono trascorsi alcuni mesi o addirittura alcune settimane tra l’arrivo di Boudiaf ad Algeri e la metodica presa del potere da parte dei ” Servizi » di Mediene che, nascosto all’ombra di una polizia segreta di stampo sovietico, quella più crudele del KGB, operava già senza scrupoli. Mohamed Boudiaf aveva già capito e disapprovato i piccoli giochi mafiosi dei generali marocchini e si era assunto la responsabilità di lottare contro la corruzione e combattere questa nomenclatura Di ” mecenati » dell’esercito che aveva tra le mani colossali fortune e feudi che nei settori della carne, della farmacia, delle medicine importate, del latte, delle armi ecc… Che tra l’altro i due autori del libro “ Il male algerino », Jean-Louis Levet e Paul Totlila esplorano e analizzano con talento e incrollabile obiettività. Questo libro costituisce un viaggio vero e amaro nelle svolte di un regime che non sa più a chi rivolgersi, immerso nella triste passione dei suoi leader, vittime essi stessi della propria cecità.

Mohamed Boudiaf desiderava attuare riforme nella politica interna, per porre fine alla corruzione dilagante dei generali, e in politica estera per riconnettersi con una tradizione di solidarietà maghrebina di cui, in passato, era stato uno dei promotori. dimostrando la volontà di risolvere la questione del Sahara con il Marocco. Questo significava fraintendere i soldati algerini che, e rifiutarsi volontariamente, nutrivano nel profondo di sé un disprezzo e perfino un odio terribile. Tant’è che assassinarlo era l’unico modo per sbarrargli la strada, impedirgli di fare la pace con il Marocco, di costruire questo sogno che aveva sempre coltivato, cioè un Maghreb di popoli federati, democrazia e soprattutto potere ai civili in Algeria. Ciò che l’Hirak non ha mai smesso di rivendicare.

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