Rapporti Francia/Senegal – È necessario tagliare il cordone ombelicale? (Di Aly Saleh)

Rapporti Francia/Senegal – È necessario tagliare il cordone ombelicale? (Di Aly Saleh)
Rapporti Francia/Senegal – È necessario tagliare il cordone ombelicale? (Di Aly Saleh)
-

Si attendono vere e proprie rotture da parte delle nuove autorità statali nei confronti della Francia. Gli interessi francesi sono numerosi in Senegal e lo Stato senegalese ha interessi economici, politici e militari in Francia. Ma è davvero necessario operare delle rotture tagliando brutalmente i legami? Non credo che le nuove autorità vorrebbero farlo.

La recente visita del presidente Bassirou Diomaye Faye a Emanuel Macron la dice lunga. Anche se non lo è

di una visita ufficiale, è importante avere buoni rapporti con l’ex colonizzatore, la Francia. L’occasione di contatto è stata colta da entrambe le parti tra Macron e Diomaye. Quest’ultimo è appena arrivato con un nuovo programma un po’ particolare, mentre per il momento restano ancora diverse ingiustizie da correggere. Inoltre, gli studenti senegalesi hanno sollevato la questione dei permessi di soggiorno, senza contare che oggi i pensionati senegalesi in Francia sono obbligati a ritornare in Francia ogni sei mesi altrimenti perdono le pensioni, le pensioni di veterani e tanti altri punti importanti ereditati dalla padri fondatori che sarà oggetto di dibattito nel prossimo futuro.

Questioni concrete e precise che necessitano di una soluzione urgente, in particolare la reciprocità in materia di visti.

In effetti, fin dall’inizio, diverse questioni capitali che danno fastidio e che risalgono a diversi decenni, se non secoli, sono state trattate solo con indifferenza.
La schiavitù, durata quasi 400 anni, seguita dalla colonizzazione ha avuto molto a che fare con ciò. E proprio per queste domande l’importante non è avere ragione, ma saper esprimere ciò che ha bisogno di essere espresso, ascoltare anche chi non capisce, trovare spazi di dialogo per placare ed evolvere l’umanità.
La verità è che questa violenza del passato continua ad alimentare la fiamma della generazione cosciente, aperta al mondo che si chiede perché uomini come noi ci trattano così.

Quando i giovani hanno sfatato Napoleone in Francia e Faidherbe in Senegal in seguito al crimine razzista dell’afroamericano George Floyd negli Stati Uniti, quando hanno voluto rinominare strade, viali, edifici…, hanno voluto evocare il passato per denunciare le disuguaglianze sociali del presente. E queste disuguaglianze ci sono sempre state. Non sono una novità le rivolte e i movimenti che dicono che la schiavitù esiste ancora e deve finire.
È un problema mai risolto, il razzismo e la messa in pericolo permanente della vita delle cosiddette persone di colore fanno parte dell’identità di questo Paese.

Eppure, dolce Francia, questo paese dei diritti umani chiama il paese di Lat Dior come suo “amico” ma non lo tratta come tale.
Per questo è importante che i nostri leader invitino tutti a mettere in discussione la nostra società e l’incapacità di alcuni di non comprendere il mondo in cui viviamo.
Non classifichiamo i crimini contro l’umanità, poiché ogni popolo sente il dolore che è stato perpetrato contro il proprio popolo e dobbiamo accettarlo come tale.
Ecco perché le nostre élite devono fare il punto sui nostri rapporti con l’ex colonizzatore prima di ripartire su nuove basi.

Aly Saleh Giornalista/editorialista

-

PREV Stupri incestuosi nei Pirenei: “È un pedofilo che va curato”, ha difeso il legale dell’imputato
NEXT A Erquy, La Paillote si apre con un nuovo concetto di porto