Paul Chemetov, l’architetto del ministero delle Finanze di Bercy, è morto

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Paul Chemetov, a Parigi, nel 2014. VINCENZO PFRUNNER

Polemista impegnato, colto, brillante e talvolta feroce, ma anche cortese e attentissimo dietro i suoi scintillanti occhi azzurri, Paul Chemetov, figura di spicco dell’architettura e dell’urbanistica francese da più di cinquant’anni, è morto il 16 giugno nella sua casa parigina. Aveva 95 anni.

L’uomo che fino a poco tempo fa lavorava ancora nella sua agenzia, è stato l’ultimo gigante della causa sociale al servizio dell’architettura. Questo incarico lo ha reso una delle figure più ricercate quando si è aperto il dibattito pubblico sul futuro dell’edilizia nel nostro Paese. E soprattutto in termini di alloggi – “l’esercizio civico per eccellenza”gli ha ricordato l’ex ministro della Cultura e della Comunicazione Jean-Jacques Aillagon, quando gli ha conferito, nel giugno 2016, le insegne di Commendatore della Legione d’Onore.

Allo stesso tempo, la strategia per l’architettura attuata dal Ministero della Cultura per accompagnare il disegno di legge sulla libertà di creazione, architettura e patrimonio (LCAP) gli ha dato l’opportunità di continuare, a capo del gruppo di lavoro “Sviluppare”, una riflessione che è sempre molto fondato sui mali e i difetti del nostro mondo costruito e sulle sue conseguenze sulla città e sui suoi utenti, una delle sue principali preoccupazioni.

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Paul Chemetov è nato il 6 settembre 1928 nel 16e quartiere di Parigi. È figlio di una coppia di origine russa, Tamara Lvovna Blumine (1904-1985) e Alexandre Chemetoff (1898-1981), grafico, tipografo e illustratore per giovani meglio conosciuto con il nome Chem. Suo figlio avrebbe poi affermato di essere stato influenzato dalla famosa opera di suo padre. Ognuno ha la propria casa (1933), un album-gioco ancora in stampa che invita i bambini ad associare, attraverso le immagini, i bambini di tutto il mondo ai rispettivi habitat. Gli anni della guerra furono segnati dall’esilio della sua famiglia lontano da Parigi: sua madre era ebrea. Suo padre si rifiutò di lavorare nei servizi di Vichy. Per sua stessa ammissione, questo atteggiamento gli dava il ragazzo che era allora “una lezione umana, morale e politica”.

Appassionato di storia

Nel 1946, l’adolescente appassionato di storia che sognava di diventare filosofo si iscrisse al Partito Comunista ed entrò all’Ecole nationale supérieure des Beaux-Arts di Parigi. Qualche anno prima era stato influenzato dalla lettura di Quando le cattedrali erano bianche (1937) di Le Corbusier. “Questo primo contatto mi ha convinto che non esiste architettura possibile senza la forza della convinzione e dell’impegno”dice a Pierre Lefèvre e Jimi Cheynut, autori del libro Il viaggio degli architetti (a cura di Le Cavalier Bleu, 2012).

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