Sole troppo presto, pioggia che li ha costretti a raccogliere uve immature… I viticoltori biologici del dipartimento non hanno annunciato che sarebbero stati presenti alle nozze, durante la tradizionale degustazione dell'annata, organizzata ogni anno da Agrobio 47, sotto la guida di Jacques Réjalot. Tuttavia, ci sarebbe stato motivo di rallegrarsi, in questo 2024, dal momento che nella nuova edizione della guida dei vini Hachette, una delle punte di diamante del poco conosciuto terroir di Thézac-Perricard, il Domaine de Lancement, si è distinta come cotta . Un vantaggio per la viticoltrice Sandrine Annibal, ma anche per il Lot-et-Garonne.
Tuttavia, degustando le rispettive bottiglie, i viticoltori invitati hanno tracciato un ritratto sfavorevole dell'annata 2024, soffrendo più brutalmente dei loro colleghi convenzionali, i rischi climatici, le abbondanti piogge di fine agosto li hanno costretti a raccogliere uve non abbastanza mature. per evitare che marciscano. “Per non parlare della colossale perdita di rendimento del Merlot”, ha aggiunto Jacques Réjalot affermando “ma il Merlot non è morto! »
Una vigna non amata?
Di conseguenza, i viticoltori hanno prodotto vini leggeri, intorno ai 12-13 gradi, fruttati e poco tannici, “ma che non saranno vini da conservare”, ha sottolineato il viticoltore del Domaine de Pichon. Dovremo quindi svendere rapidamente la produzione su un mercato in cui i vini biologici del Lot-et-Garonnais faticano a trovare il loro posto, “anche nel dipartimento”, ha sottolineato Sandrine Annibal. Pochi ristoratori si giocano il gioco di scoprire un terroir che tuttavia è molto ricco. Siamo ancora dai 60 ai 70 viticoltori indipendenti per 200 denominazioni”.
Altro tema di preoccupazione sollevato da Jacques Réjalot, che riguarda l'intero vigneto del Lot-et-Garonnais, è lo sradicamento delle viti, “una necessità economica, anche di sopravvivenza, che capisco molto bene, ma che viene realizzata con urgenza e alla cieca. E di conseguenza si tratta di un vero e proprio genocidio delle vecchie vigne. Sono però un patrimonio per la biodiversità perché, a differenza di quelli piantati a partire dagli anni ‘60, non vengono clonati”.