Anna Garcin-Mayade, una pittrice della deportazione da scoprire al museo Michelet

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Il museo Michelet di Brive (Corrèze) dedica una mostra ad Anna Garcin-Mayade, pittrice di Brive che visse gli orrori della deportazione e fece della sua pittura una toccante testimonianza della realtà dei campi di sterminio.

La vita di Anna Garcin-Mayade (1897-1981) cambiò improvvisamente il 31 ottobre 1941. Era allora insegnante di disegno a Épinal, in un collegio femminile. In onda, Charles De Gaulle ha chiesto ai “francesi di restare immobili per cinque minuti”. Nella sua classe, i suoi studenti, tranne tre, avevano voluto rispettare questi cinque minuti di resistenza passiva. Anna aveva acconsentito.

“Per tutta la vita Anna Garcin-Mayade ha pensato di essere stata denunciata da uno dei suoi studenti. In realtà, era stato il direttore dell’istituto, ad informare il prefetto dei Vosgi», spiega Thierry Pradel, direttore del museo Michelet.

L’artista, in piedi a destra, ha firmato il suo numero di deportazione: 39.119

Anna era un’artista, era comunista, viveva sola. La sua discesa agli inferi inizierà davvero a novembre nel carcere di Epinal, poi nelle carceri di Troyes e Chalon-sur-Marne. Il 13 maggio 1944 fu inviata in Germania, diretta al campo di Ravensbrück. Resterà lì fino alla fine della guerra. “Durante la deportazione, ha disegnato l’orrore dei campi. Ma al momento della liberazione gli svedesi bruciarono i suoi disegni per motivi igienici. Abbiamo dovuto lottare contro la diffusione del tifo”, ​​spiega Thierry Pradel.

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Dipinti come testimonianze

Per più di un anno, il museo Michelet ha tentato di raccogliere tutte le tracce lasciate dalla pittrice nel corso della sua vita, condivise tra Pongibaud (Puy-de-Dôme), dove è nata, e Brive dove ha vissuto dopo la guerra.

“Dopo la guerra diede di nuovo lezioni di disegno. A livello artistico si è fatta carico di raccontare la realtà dei campi. Voleva trasmettere l’indicibile attraverso la pittura», analizza Lucie Boyer, vicedirettrice del museo Michelet.

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In uno stile spettrale, Anna Garcin-Mayade raffigura i corpi sottoposti a deportazione, il duro lavoro sotto lo sguardo dei soldati. I suoi dipinti sono come sogni, con volti, a volte molto dettagliati, a volte velati, come un ricordo che sta svanendo, o come la realtà di un prigioniero che ha perso la sua identità, la sua umanità. “Oltre al dovere morale che ha assunto di testimoniare, nella sua pittura c’è anche una forma di terapia, di sfogo” sottolinea Lucie Boyer.fef714dc3f.jpgI testi accompagnavano alcuni dei suoi disegni. Foto fotovoltaica.

I suoi ex studenti testimoniano

Ma la vita di Anna, che nella prima parte della sua vita ha incontrato Suzanne Valadon e August Renoir a Monmartre, non può essere riassunta dalla sua testimonianza di deportazione. La mostra permette di scoprire l’ambiente dell’artista e i suoi luminosi dipinti ad olio. Qui paesaggi colorati di Pongibaud. Lì, un dipinto raffigurante lavandaie al lavoro vicino a un fiume, che stranamente fa eco ai deportati di Ravensbrück.

Per sminuire la sua storia personale, Anna Garcin, che per tutta la vita aveva creduto di essere stata denunciata da alcuni studenti nel 1941, viene raccontata in questa mostra anche dai suoi studenti del dopoguerra che furono segnati dalle Sue lezioni. Al Museo Michelet, la lotta contro l’oblio non è solo pittorica, ma anche sonora.

Pratico. “Anna Garcin-Mayade, arte contro l’oblio”. Mostra dal 21 maggio 2023 al 12 febbraio 2025 al Museo Michelet di Brive. Ingresso libero.
Internet: https://anna-garcin-mayade.brive.fr.

Pierre Vignaud

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