Attacco mortale a un furgone della prigione: agenti mobilitati davanti al carcere di Val-d’Oise

Attacco mortale a un furgone della prigione: agenti mobilitati davanti al carcere di Val-d’Oise
Attacco mortale a un furgone della prigione: agenti mobilitati davanti al carcere di Val-d’Oise
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Di

Tommaso Hoffmann

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16 maggio 2024 alle 19:48

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“Restiamo duro, ma il dolore c’è. Ci auguriamo che ascoltino il nostro grido di allarme. » Riuniti davanti al Centro di custodia cautelare di Val-d’Oise a Osny (Mavo) questo giovedì 16 maggio 2024 gli agenti penitenziari testimoniano la loro dolore e la loro paura in seguito all’attacco a un furgone avvenuto martedì all’Eure, nel quale sono morti due agenti e altri tre sono rimasti gravemente feriti.

Una tragedia a seguito della quale molti supervisori Valdois hanno risposto all’appello dell’Intersindacale per realizzare una blocco totale dei centri penitenziarida mercoledì 15 maggio, per rendere omaggio alle vittime e denunciare una “crudele mancanza di sicurezza”, constata “Baffo”*, guardia di Mavo ed economo generale della sindacato della forza lavoro (Fo). In questo secondo giorno di mobilitazione, ha espresso la sua profonda emozione dopo aver appreso la notizia, prima di vedere le immagini di questa “esecuzione. È stato molto difficile. Ci siamo detti che questo sarebbe potuto succedere a noi. Quando sono tornato a casa martedì sera, mia moglie mi ha immediatamente detto di smettere”. “Eravamo tutti molto colpiti. Siamo in molti ad aver pianto”, confida al suo fianco “Tata”*, segretario generale dell’Ufap.

Un agente ferito da colpi di arma da fuoco durante il trasferimento in ospedale

Questo attacco li colpisce ancora di più in quanto, nel dicembre 2021, uno dei loro colleghi è stato ferito da colpi di arma da fuoco durante la fuga di un detenuto al momento della sua estrazione all’ospedale di Pontoise. A seguito di a finto tentativo di suicidio nella sua cellaera stato trasferito lì dai vigili del fuoco della caserma Osny accompagnati da tre agenti penitenziari, due dei quali avevano preso posto nell’ambulanza.

Giunti davanti al pronto soccorso, sono stati sorpresi dalla moglie del detenuto, incarcerato due mesi prima per omicidio. Esercito di un fStrumento calibro 12ha aperto il fuoco due volte toccare un supervisore nella parte bassa della schiena.

Gravemente ferito, quest’ultimo deve la sua salvezza solo al suo giubbotto antiproiettile. “altrimenti le conseguenze sarebbero state senza dubbio assolutamente tragiche e purtroppo irrimediabili”, ha sottolineato il ministro della Giustizia, Eric Dupond-Moretti, venuto a sostenere i vigilanti del Mavo il giorno dopo l’attentato. Il ministro della Giustizia ha poi assicurato che il personale carcerario, disarmato durante i trasporti sanitari, sarà presto formato.

“Non siamo abbastanza tutelati”

Ma due anni e mezzo dopo la situazione non è cambiata. “Non siamo ancora armati per i trasferimenti sanitari”, si rammarica “Baffo” che confida che in seguito a questo incidente “un veicolo della polizia ci ha accompagnato in ogni uscita, ma è durata quattro o cinque mesi e ci hanno lasciato andare”.

“Sappiamo bene che la polizia e i gendarmi non possono essere presenti ad ogni uscita, ma non siamo abbastanza protetti”, insiste “Tata”. Le scorte sono infatti gerarchiche in quattro livelli di sicurezza. Quella del livello 1 mobilita due agenti, quella del livello 2 da due a tre agenti, quella del livello 3 scorta tre, quattro o cinque agenti e due veicoli, quando la scorta del livello 5 provoca l’accompagnamento della polizia e in particolare un’auto di apertura. La professione è ancora più arrabbiata per il trasferimento dei detenuti, precedentemente effettuato dai gendarmi e dagli agenti di polizia, che è stato loro assegnato nel 2011.

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Armamento e veicolo

All’indomani di questa tragedia, se i sindacati chiedono più risorse umanelo è soprattutto la questione delle attrezzature che è problematica. “Abbiamo un 9 mm, ma è ancora un calibro piccolo. Soprattutto, durante un trasferimento, quando si è seduti, non è necessariamente facile estrarre l’arma al momento di un attacco. Servono armi lunghe”, insiste il sindacalista di Fo. Lo stesso vale per i veicoli: “Non chiediamo veicoli come i Brinks ma una via di mezzo, veicoli adatti alle nostre missioni e che non sarebbero così facilmente identificabili”, continua il segretario generale dell’Ufap.

Mentre i rappresentanti sindacali, ricevuti mercoledì a Parigi dal ministro della Giustizia, hanno ricevuto una “dichiarazione di decisioni” che prevede in particolare la fornitura di armi lunghe agli agenti durante i trasferimenti e limitare le estrazioni più pericoloseTuttavia, hanno preteso un documento scritto, sul quale verranno consultati gli agenti, prima di cessare le loro azioni. “Se le nostre richieste verranno accolte, ci fermeremo lì e toglieremo il blocco”, ha assicurato “Tata” questo giovedì mattina, sottolineando che in questi due giorni “abbiamo fornito il servizio minimo” (in particolare i trasferimenti in ospedale, ndr).

“Siamo alla fine! »

Il rappresentante sindacale si rammarica del fatto che “abbiamo dovuto uccidere due agenti perché potessimo finalmente essere ascoltati. Se ci avessero ascoltato, questa tragedia avrebbe potuto essere evitata”, lamenta, sottolineando, inoltre, la crudele mancanza di risorse umane. “A Osny abbiamo 200 agenti per 1.058 detenuti mentre la capacità del centro di custodia cautelare è di 500. Avremmo bisogno del doppio del numero di agenti per poter svolgere le nostre missioni. » E per citare la loro situazione lavorativa particolarmente difficile: «Questa tragedia ci permette di allertarci sul rischio che corriamo fuori dal carcere, ma anche dentro è molto difficile. Siamo vittime di aggressioni, insulti, sputi, ogni giorno. Siamo alla fine! »

*Gli agenti hanno preferito rimanere anonimi e hanno utilizzato il proprio nickname in modo da non poter essere identificati, per ragioni di sicurezza.

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