Lettere dai lettori: Israele, trasporti pubblici, Svizzera, lingua francese

Lettere dai lettori: Israele, trasporti pubblici, Svizzera, lingua francese
Lettere dai lettori: Israele, trasporti pubblici, Svizzera, lingua francese
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Israele, trasporti pubblici, Svizzera, lingua francese

Trova le lettere dei tuoi lettori del 9 ottobre 2024 qui.

24 ore / lettori

Pubblicato oggi alle 7:14

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Israele

Sulla riflessione di Cyrus Schayegh “Cosa è cambiato il 7 ottobre in Israele» (“24 ore” dell’8 ottobre).

Alcune cose sono cambiate in Israele dal 7 ottobre, scrivi, basandoti in particolare sugli articoli pubblicati sul quotidiano israeliano “Haaretz”, il cui lavoro giornalistico è notevole ed esemplare. Ciò che sta accadendo a Gaza e in Libano è ampiamente descritto e spiegato. Così come vengono raccontate le tensioni interne, gli attacchi contro i palestinesi da parte di alcuni abitanti della Cisgiordania, la crescita dell’intolleranza, soprattutto verso chi critica la guerra o è ancora a favore del dialogo. Allo stesso modo, le manifestazioni contro il governo e la sua riforma giudiziaria nel corso del 2023 e quelle, dal 7 ottobre, delle famiglie degli ostaggi sono tollerate, filmate, riportate dai media non censurati. Forse indebolita, la società israeliana resta democratica.

Ciò che non è cambiato dal 7 ottobre, tuttavia, è l’impossibilità, per coloro tra i palestinesi che criticano Hamas o Hezbollah per la loro governance, la loro strategia, la loro ideologia rigorista, per l’attacco del 7 ottobre con prevedibili conseguenze drammatiche, di fare la loro parte voci sentite. Nessun mezzo libero di esprimersi e soprattutto la paura nello stomaco di essere repressi violentemente o, peggio ancora, designati come collaboratori, a rischio della propria vita. La formulazione di una critica equilibrata nei confronti di tutte le parti in conflitto favorirebbe il cammino verso la pace.

Francine Brunschwig, Losanna

Trasporto pubblico

Molti anni fa ho risposto molto favorevolmente ad un sondaggio di TL relativo alla qualità dei suoi servizi. Ma è successo molto tempo fa. Lo scorso agosto “24 Heures” ci informava che i viaggi in autobus a Losanna sono tra i più lenti della Svizzera, cosa che abbiamo tutte le opportunità di sperimentare quotidianamente. Ma da mesi l’affidabilità del servizio non è pari a quella attualmente in vigore presso la SNCF.

Sulla linea 2 che prendo regolarmente e che deve essere maledetta, veniamo informati ogni giorno che, per problemi operativi, per motivi tecnici o per mancanza di personale, gli autobus sono soppressi… e tutto questo in noi Ringraziandovi per la comprensione. A dire il vero io ho smesso di capire e, a sentirli, anche la maggior parte degli utenti: sono esasperati.

Certo la rete si è sviluppata generosamente, certo il fatto di non poter circolare su un proprio sito non aiuta per niente, certo bisogna fare i conti con i numerosi ed infiniti cantieri di Losanna. Inoltre, i veicoli sono sottoposti a forti sollecitazioni e sono sottoposti a forti sollecitazioni su numerose strade cittadine in cattive condizioni, il che porta inevitabilmente a ripetuti guasti. A questo proposito, percorrere l’Avenue du Gray è come vivere un forte terremoto, che diverte molto i bambini ma che mette a dura prova le nostre chiappe e il nostro corpo.

Conosciamo bene tutti questi argomenti e possiamo capirli. Ma anche se dovessimo tollerare un certo numero di rischi, mi sembra che all’interno del TL dovremmo fare meglio. E se per questa azienda l’affidabilità del servizio e la gestione degli orari sono forse un vero grattacapo, deve reagire e deve capire che, per gli utenti, è diventato un vero grattacapo.

François Pasteur, Losanna

Svizzera

Ancora una volta l’autunno arriva con la sua dose di cattive notizie, in particolare l’aumento dei premi dell’assicurazione sanitaria. Questi variano notevolmente da un cantone all’altro, così come le tasse, che possono essere fino al 30% più economiche a seconda di dove vivi. La cosa peggiore è che i cantoni più cari impongono tasse elevate e impongono premi enormi agli assicurati, mentre i cantoni più economici favoriscono i loro abitanti da entrambi i punti di vista.

Considerato quanto appena detto, non mi sento più svizzero perché ritengo che una nazione che tratta i suoi abitanti in maniera così discriminatoria non sia un paese, nel senso in cui con questo termine si descrive un “paese politico, culturale, sociale e entità economica” nella quale il cittadino deve potersi riconoscere. La Svizzera, una vera democrazia esemplare? L’adagio, probabilmente accettato in tutto il mondo, non è appropriato.

La ciliegina sulla torta è che questo sistema profondamente ingiusto favorisce i ricchi con seconde case che scelgono a loro piacimento (più o meno) il cantone in cui pagheranno meno. Loro si divertono, gli altri sono prigionieri e condannati a pagare il dovuto! È necessario dimostrarlo? Il sistema è completamente stufo della legittimità che accorda ai Cantoni.

Infine, è ovvio che i flussi migratori che si prospettano sempre più consistenti e costosi in termini di aiuto sociale (ma, ancora una volta, distribuiti in modo molto diseguale tra i Cantoni) accentueranno ulteriormente il problema. Chi paga non ne può più!

Niente di veramente nuovo in quanto appena detto, ma va ripetuto con una flebile speranza che la situazione possa cambiare.

Florence Aellen, Préverenges

Lingua francese

Riguarda l’editoriale di Claude Ansermoz”La dittatura dell’uso delle parole» (“24 ore” del 28 settembre).

Ha ragione, signore, a non complicare l’uso delle parole. Tuttavia, a volte, semplificandone l’utilizzo, riduciamo la persona a una terminologia riduttiva. Quindi, per citare alcuni esempi, “vecchio” o “vecchietto” per indicare una persona di grande età; “disoccupato” per indicare una persona priva di lavoro; “handicappato” per indicare una persona priva di determinate facoltà fisiche, intellettuali o psicologiche. Ad accompagnare questi tre esempi c’è la parola “persona”. E penso che, riducendo la persona alla sua condizione con un termine, a mio avviso, peggiorativo, le impediamo di riconoscersi altro che in questo sguardo che le imponiamo. Come un peso da portare che gli impedisce di sentirsi riconosciuto come un essere umano capace di donarci e ricevere da noi ricchezze insospettate.

Jean-Sébastien Etchegaray, educatore specializzato, Vufflens-le-Château

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