Mentre l’attivismo prospera all’Università di Ginevra, la libertà di espressione non ha ancora avuto l’ultima parola

Mentre l’attivismo prospera all’Università di Ginevra, la libertà di espressione non ha ancora avuto l’ultima parola
Mentre l’attivismo prospera all’Università di Ginevra, la libertà di espressione non ha ancora avuto l’ultima parola
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Pubblicato il 18 settembre 2024 alle 17:14

Quando si inventa un personaggio in un romanzo, a volte si vuole fare i conti con la sua realtà. È ciò che ha provato Enzo Santacroce, professore di filosofia in un liceo del Canton Vaud e appassionato di politica. Martedì sera è stato ospite del Geneva Debate Club dell’Università di Ginevra per parlare del suo libro, Socrate nella terra dei wokes, pubblicato da Ouverture Editions, collezione tascabile.

Fin dall’inizio, stabilisce il tono: “Coloro che difendono la libertà di pensiero hanno sempre avuto problemi. Come Socrate, simbolo della libertà di espressione, Aristotele o Spinoza, che si sono discostati dall’opinione comune. Oggi, la libertà di espressione è minacciata, lo vedo anche nell’istruzione”. Questo è senza dubbio il motivo che lo ha spinto a scrivere questa breve ed efficace finzione, la cui trama si svolge in un’università americana. Harry, alias Socrate, professore molto rinomato, viene accusato dagli studenti di sostenere il “razzismo sistemico” quando pensa di denunciare il fenomeno dell’essenzializzazione e della vittimizzazione. Erede dell’Illuminismo, l’eroe del romanzo si scontra con l’ideologia “fanatica” di una minoranza di studenti che vogliono farlo inginocchiare e le cui idee contaminano l’alma mater e la stampa. Nel giro di poche ore, diventa un paria agli occhi del mondo e “un vestigio, una reliquia ambulante” ai suoi stessi occhi. Al di là del destino personale di un insegnante, sono le conseguenze di questo movimento che l’autore mette in discussione.

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