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Quando gli chiedo quando ha cominciato a collezionare questi volumi, risponde che per lui l’atto del collezionare è la parte più tediosa (“riferendosi all’idea effimera del possesso”) del processo di ricerca che precede e che, al contrario, lo affascina di più: per lui si tratta di “scoprire l’oggetto, l’artista, la rilegatura, le immagini, le fotografie, il contenuto”. Tutto inizia intorno ai 17 anni, quando, al liceo, ricorda di essersi imbattuto in una prima edizione diArte povera Di Si nascondono in tedescoDi Il quarto sesso Di Raf Simons e su alcune prime edizioni di Joseph Beuys. “Ricordo di essere stato particolarmente legato alle pubblicazioni di Celant, in particolare a Arte poveranon solo per il libro in sé, ma anche per il modo in cui ha saputo coniugare e raccontare la nascita di un movimento così potente, probabilmente l’ultimo vero movimento artistico. E, allo stesso tempo, gli artisti che ne hanno fatto parte (come Anselmo, Kounellis, Merz, Boetti, Penone) sono anche quelli che, attraverso la loro metodologia, il loro atteggiamento, mi hanno indirettamente introdotto a questa antilibraria atipica e guerriglia che ‘Est Libri sulle vene. Se gli chiedo di nominare i cinque volumi da non perdere al pop-up milanese, risponde:“Uscire dalla materia oscura Di Steven Parrino, L’infanzia perfetta Di Larry ClarkJürgen Klauke (io e io) Di Jürgen Kaluke, Il mio corpo nelle azioni di Nitsch e Schwarzkogler Di Cipolla Heinz et FTW (Fanculo il mondo) Di Terry Richardson“.
Libri sulle vene ha iniziato come libreria online alcuni anni fa. “È ancora così, ma sentivo l’esigenza di creare uno spazio fisico che rispecchiasse appieno l’anima del progetto. Un luogo che permette un’esperienza globale: dall’archivio librario alla selezione musicale, passando per i materiali e gli arredi realizzati appositamente per il pop-up. Volevo creare uno spazio dove le persone potessero entrare nel mio mondo, toccare i libri, sfogliarli e viverli da vicino”, mi racconta Bortoletto. Nella vita reale, dove posta libri su Instagram e li scambia, lavora nel team creativo diAnn Demeulemeester. Fu lì che realizzò la sua passione per la ricerca di oggetti. “Adoro perdermi nel processo di scoperta di artisti, fotografi e musicisti che possono rappresentare un’evoluzione per Veins e Ann.” Capì anche l’importanza di avere una comunità reale, fisica, a cui fare riferimento. “L’aspetto comunitario per me è fondamentale. Come dice Mario Perniola in Arte ampliataun artista è tale quando lavora alle sue opere per vivere, per mostrarle e, idealmente, per poter pagare le bollette. Allo stesso modo credo che anche il curatore debba creare un dialogo con il pubblico e la comunità.” Tra i nomi che lo compongono ci sono Stefano Gallici, direttore creativo di Ann Demeulemeester, il fotografo Francis Delacroix e le artiste October e Stella Rose Gahan. Tanti buoni motivi per darci un’occhiata.
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Articolo originariamente pubblicato su Vogue.it
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