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“Faïel e le storie del mondo” di Paolo Bellomo, un primo romanzo violento e incantato – rts.ch

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Con un linguaggio da poeta, non lontano dalla raccolta di racconti e leggende, Paolo Bellomo affronta in “Faïel e le storie del mondo” l’omicidio, il suicidio, l’occupazione e l’esilio prima di un finale utopico che invita al re-incanto del mondo.

Faïel è un bambino all’inizio del libro. A volte è lui a raccontare la storia, a volte un narratore (quasi) onnisciente. Il padre di Faïel viene colpito e ucciso. Le circostanze dell’omicidio restano misteriose: sappiamo che si recò dal direttore della fabbrica per negoziare il suo stipendio. Probabilmente è stato lo stesso regista ad ucciderlo. Ma questo rimane incerto, soprattutto perché apprendiamo questa storia attraverso ciò che il bambino Faïel riesce a catturare. Lui che vede il corpo di suo padre disteso su un tavolo a casa con un buco in testa mentre le donne gli danno una pacca sul collo…

La storia nasce dalla sua percezione del mondo, dalle sue antenne emotive, dalle sue sensazioni fisiche. Anche i suoni, i fruscii. Il suo linguaggio si presenta immediatamente nella sua sensorialità, nella sua sensualità. La lingua di un poeta. E l’italiano di Paolo Bellomo, che ha imparato il francese da adulto, permea la sua scrittura di una gioiosa libertà.

Fuggi in montagna

Tutto nasce dall’omicidio primordiale del padre di Faïel. Perché sua madre, Sisine, non può piangere per suo marito. Viene quindi sospettata di aver partecipato al delitto. Una cabala mortale e xenofoba (Sisine è nata in questa città da genitori stranieri) costringe poi Sisine e Faïel a fuggire, con Nennelle, la sorellina. Tutti e tre si stabiliscono in montagna, con il baffuto viticoltore Ouittorye e la moglie gobba Djesuppine: una coppia spinta dal desiderio di aiutarsi a vicenda.

È lì che Faïel viene introdotto ai mestieri della vigna, tra la natura e l’addomesticamento della natura. È lì che madre Sisine verrà colta da una depressione fatale e di lunga data. È qui che Nennelle inizia a parlare agli animali attraverso strane filastrocche. Mentre la città sottostante è ormai occupata da una potenza straniera.

Una ricchezza di personaggi e storie

Moltiplicando le avventure, il romanzo si sviluppa poi per escrescenze, come spiega il suo autore. Si apre così a una profusione di personaggi e storie. Prende il turno una raccolta di racconti e leggende, spesso violente, ma incantate.

Come la storia di Tchan, ex amico di Faïel, un bambino che vive solo dall’arresto di sua zia e addestra i topi, insegna loro a cantare una terza molto pura. O quest’altra donna intrappolata in un tubo nel crollo di una miniera di carbone, salvata da una rondine che la nutre di lombrichi. Oppure i costruttori, ricoperti dalla polvere bianca del cantiere fin sotto la pelle, che costruiscono borghi senza parlare, al ritmo dei loro canti di lavoro, per viverci lontani dall’oppressore.

Fondamentalmente c’erano nove canti in dialetto pugliese, tre canti di guerra, tre canti di lutto, tre canti di pace, e poi c’era il racconto che collegava questi canti tra loro.

Paolo Bellomo, autore di “Faïel e le storie del mondo”

Paolo Bellomo fa attenzione a non localizzare geograficamente il mondo che crea, pur ancorandolo da qualche parte nel proprio universo emotivo: nel libro troviamo poesie e canzoni nel suo dialetto pugliese, mentre i primi nomi sono giocose traslitterazioni di nomi dialettali: Ouittorye (Vittorio ), Djesuppine (Giuseppina), Djuañi (Giovanni). Lo stesso vale per la cronologia, una sorta di “XX secolo che non è mai esistito”, nelle parole dell’autore. Un mondo dove Ouittorye ha un’auto, ma dove non vediamo né macchine agricole né televisori. Siamo entrambi da nessuna parte e da qualche parte. In un mondo immaginario e molto concreto.

Quando sembriamo vicini a perdere il controllo del suo oggetto letterario nella moltiplicazione di favole e voci narranti, Paolo Bellomo ci sorprende e lega la sua ghirlanda con virtuosismo in un finale epico e avvincente.

Francesco Biamonte/mh

Paolo Bellomo, “Faïel e le storie del mondo”, ed. Le Tripode, agosto 2024.

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