Durante le festività natalizie, ho letto il libro più femminista dell’intero anno 2024. Eppure ho letto libri sui diritti delle donne, sulla discriminazione, ecc.!
Ma questo libro era “un segno di spunta sopra”! In una categoria a parte. E vuoi sapere il meglio? Il libro più femminista dell’anno è stato scritto… da un uomo!
Un capolavoro della letteratura!
Sono rimasto stupefatto leggendo il premio Goncourt Ore di Kamel Daoud. Ma poiché questo libro parla del patriarcato in Nord Africa (in Algeria) e non in Quebec, le femministe del Quebec non ne loderanno i meriti!
Ore racconta il “decennio nero” in Algeria, un argomento di cui è ancora vietato discutere. Parliamo di 200.000 morti durante questa guerra civile, dal 1992 al 2002, dove la popolazione si trovò stretta tra gli islamisti e la polizia.
È un libro devastante sul modo subdolo in cui un paese ignora le donne, le disprezza, le isola, le vincola.
Daoud dipinge il ritratto di una donna che ha rischiato di essere sgozzata durante un massacro e che monologa con la figlia che porta in grembo. Non sa se abortirà o meno: “Ti salvo dalla nascita per impedirti di morire in ogni momento. Perché in questo Paese siamo amati muti e nudi per il piacere degli uomini in calore”.
“Qui una donna non esce sola, non alza gli occhi da terra quando cammina per strada, non parla nemmeno a chi l’accompagna, non viaggia senza un tutore maschio”.
“I suoi cinque fratelli, appena rimasta vedova, l’hanno velata completamente e le hanno imposto una maschera sul volto e una stretta sorveglianza dei suoi gesti, movimenti, sguardi”.
“Non potevamo nemmeno riconoscerla per strada perché le donne con il velo integrale si assomigliano così tanto nella loro notte chiusa con un lucchetto.”
Il libro è di fantasia ma è basato su fatti realmente accaduti. “Il 28 febbraio Katia Bengana, una giovane studentessa liceale che si rifiutava di indossare il velo nonostante le minacce di morte, è stata assassinata a Meftah”.
Daoud parla di “donne senza velo i cui volti sono stati distrutti da getti di acido (la gente voleva costringerle a mascherarsi e così le puniva per non aver obbedito a Dio)”.
“Devi prendertela con calma in questo paese quando sei una donna. Rimaniamo schiavi, liberi per un tempo troppo breve. Tutto può ribaltarsi, perdersi alla minima coscia nuda; un vestito floreale troppo corto decide la sua vita.
Le femministe del Quebec non elogeranno l’argomento di questo libro, perché sono troppo occupate a denunciare la presunta “cultura dello stupro” che presumibilmente regna in Quebec. Pensi che siano solidali con le donne di cui parla Kamel Daoud nel suo libro? Mai!
Delle nostre cipolle!
Régis Labeaume, ex sindaco del Quebec, ora editorialista di La stampaha appena scritto riguardo all’uso del velo: “Questo mi preoccupa? Oggettivamente no, non sono proprio affari miei”. Per lui l’hijab è come il velo che sua madre indossava in chiesa.
Gli manderò una copia di Ore. Perché in Quebec, a nessuna donna è stato gettato dell’acido in faccia perché non indossava il velo in chiesa.