A prima vista, l’inizio di notte insonne sembra un incipit proustiano. Mezzanotte, nel suo appartamento. Bernard-Henri Lévy ritorna nella sua stanza. Spera di chiudere gli occhi il più presto possibile perché la mattina dopo dovrà arrivare in buona forma per un incontro che il lettore capisce sarà decisivo. Per fare questo, ha svolto tutti i preparativi alla lettera.
Luci spente, telefono in modalità aereo, volume noioso di Mallarmé sul comodino, attenzione alla luce notturna. Unico problema: a differenza del narratore di RicercaBernard-Henri Lévy non riesce a dormire. E’ più forte di lui. Il suo corpo non può “cadere” per la fatica, un riflesso i cui meccanismi si sono bloccati dentro di lui. La sua mente rifiuta di lasciarsi andare nel mondo dei sogni. Quasi sempre l’insonnia è stato il suo tallone d’Achille.
È il racconto, dunque, di un’autobiografia che infrange tutte le regole. Perché Bernard-Henri Lévy ha adottato, per raccontare la sua esistenza fatta di impegni e di idee, l’angolazione più carnale e prosaica possibile – la prospettiva stessa della vulnerabilità: questo incontro mancato tra il corpo e l’anima che cos’è l’incapacità di spegnere la propria coscienza per capovolgersi verso il cosmo rovesciato dei sogni?
Attraverso questa porta chiusa in chiaroscuro, è infatti in piedi che il narratore affronta il tempo che lo separa dall’alba. E il lettore lo segue, ora dopo ora, durante questa traversata solitaria. Lui, l’anti-casalingo, si muove nel suo appartamento come un leone in gabbia. Non riuscendo a contare le pecore, lascia che il suo flusso di coscienza disegni, attraverso immagini e sogni a occhi aperti, il caleidoscopio del suo autoritratto.
Ci sono i ricordi, ovviamente. Ricordi che, deviando dai canoni della scrittura autobiografica, non si diluiscono in un passato perduto, ma dispiegano una temporalità in sé, colorata di universi, dove sembrano tutti contemporanei tra loro. Questa infanzia di cui non aveva mai parlato, o quasi, prima di azzardarsi, qui, a raccontarne frammenti.
Il resto dopo questo annuncio
Ogni introspezione porta in sé un’intera, se non esaustiva, biblioteca in cui è impegnata l’idea stessa di letteratura
I molteplici destini che già sognava nel momento in cui ancora sognava. Alcuni passaggi in cui, chissà, forse si uniscono alcune scene primitive della sua opera. Poi il suo incontro incantato, a Milano, con A., l’Orfana Euridice del suo testo. Una conversazione, discontinua ed ellittica, con Philippe Sollers che gli consigliò, poco prima di morire, di non scrivere troppo presto le sue memorie. I morti, quindi, che risorgono uno dopo l’altro. E poi, la voce di tutti gli echi, suo padre, questo eroe segreto che, resuscitato dalla tomba durante la notte, ritrova la voce per parlare a suo figlio.
Ogni introspezione porta con sé un’intera biblioteca, se non esaustiva, dove è impegnata l’idea stessa di letteratura, ci sono gli scrittori, amici o nemici, che Bernard-Henri Lévy riesuma qua e là per dispiegare la propria. Lautréamont, scambiando i letti per tombe e i corpi dormienti per pallidi cadaveri. Ronsard, grande insonne prima dell’eterno, di cui Bernard-Henri Lévy restaura il corpo morente, in un’ipotiposi più grande della vita. Al contrario, i “grandi teste morbide” del romanticismo tedesco, Goethe e Novalis, che cantano la voluttuosa purezza del dominio di Morfeo – permettiamoci, su questo punto, di non condividere la sua severità nei loro confronti… Sartre, modello vivente di un iperattivo e corpo autodistruttivo, funzionante come “una fabbrica che non si ferma mai”.
Un’allegoria tratta dal Maharal di Praga, che racconta che Dio ha inventato il sonno per segnare per sempre la finitezza della nostra condizione. E tanti altri autori, da Houellebecq a Camus, da Lamartine a Robbe-Grillet, da Guy Debord a Pessoa, che Bernard-Henri Lévy ha scelto di discutere nell’ottica non della fredda citazione o della restituzione accademica, ma della convocazione quasi humoliana , senza i tavoli girevoli, cercando nientemeno di restituire in essi l’incarnazione inquieta o abbagliante.
Ridi di te stesso, parla con tutti
C’è stile. Uno stile che non somiglia a nessuno dei suoi Libri precedenti, e che tuttavia sembra rivelarne l’origine. Dietro il “BHL” della sua immagine pubblica, il metodico “io” dei suoi saggi filosofici, la narrazione incorporata dei suoi resoconti o il criptico “io” del romanziere emerge un’altra voce. Una voce nascente dell’opera, il cui lirismo, saturnino e solare, non manca mai di incarnarsi nel cuore stesso di questo vibrante e singolare mistero della scrittura di sé. Una voce più vicina in alcuni punti a Philip Roth che a Malraux, al Sartre delle Parole che a quello delle Situazioni, dove l’autore mette in campo un’arte che aveva sempre tenuto in serbo: l’autoironia.
Una voce, insomma, che non ha paura di partire dal basso per elevarsi verso la verità dell’anima che la porta
Perché sì, “BHL” ha umorismo. In questo autoritratto dipinto dal punto di vista della fragilità che ogni uomo porta dentro di sé, prova una grande gioia nel ridere dei propri. Si prende gioco delle sue idiosincrasie: perché è “contro” ombrelli, orologi, valigie con ruote e animali domestici? Perché vive con Little Siam, un gatto a cui ha finito per salvare la vita? Come può colui che si sforza di mantenere il controllo su tutte le cose essere debitore di una serie di errori, uno più inappropriato dell’altro, agli errori dei sonniferi? Una voce, insomma, che non ha paura di partire dal basso per elevarsi verso la verità dell’anima che la porta.
Perché finalmente c’è la cosa principale: la meditazione. E se il sonno fosse la chiave di tutto? Di tutto, cioè di un rifiuto di matrice: il rifiuto radicale di abbandonarsi all’impero del corpo. Per dire “sì” alla natura e al modo in cui funziona il mondo. Per chiudere gli occhi sull’orrore dei tempi. Non è questa incapacità di dormire la chiave per una lotta più profonda? Non è questo, ad esempio, ciò che lo separa da questa estrema sinistra che, nonostante la sua pretesa di restare sveglia (woke), si addormenta di fronte ai drammi del tempo? Non è questa la storia eterna del conflitto tra realtà e idealismo? Dall’ambizione originaria di Bernard-Henri Lévy: invitare la scrittura a cantare più grande di se stessa?
Gli Hapax sono rari in letteratura. Libri che si avventurano in un percorso improvvisato. Che salgono dal corpo all’anima, dal “mucchio di segreti” alla metafisica, dall’autoritratto a una poesia universale. notte insonne è uno, auguro lunga vita alle porte che lì si aprono.
notte insonnedi Bernard-Henri Lévy, Grasset, 192 pagine, 18,50 euro.
* Saggista ed editorialista su CNews e Europe 1, diretto da Nathan Devers Le regole del giocorivista fondata da Bernard-Henri Lévy.