Un amico mi ha chiesto quale fosse stato il mio libro preferito in tutta la mia vita. Avrei voluto dirgli che avevo letto troppo poco per osare una scelta e questo sarebbe stato vero. La lettura è un campo troppo vasto. Se mi avesse chiesto quale fosse stato il mio film preferito in tutta la mia vita, avrei ovviamente esitato, ma più sui criteri che sulla risposta. Avrei dovuto scegliere il film più bello, o quello per me più toccante, o quello che mi ha ricordato il ricordo più bello, o semplicemente il primo film che ho visto, quello che mi ha fatto amare il cinema e che quindi mi ha aperto la strada alla tutte le altre sessioni, più o meno riuscite ma che ogni volta promettono un momento speciale?
Se questo amico mi avesse chiesto del cinema, dopo mille esitazioni, mille possibili Palme d'Oro, avrei senza dubbio risposto Le avventure di Robin Hood. Nessun argomento cinefilo sarebbe giunto a sostenere la mia scelta, perché dovevo avere cinque o sei anni quando questa meraviglia finì per condizionare il resto dei miei gusti culturali. Non conoscevo i nomi degli attori e tanto meno ovviamente quello del regista, capivo la storia a grandi linee ma non nei dettagli, e anche se certe scene mi sono rimaste nella memoria come un lampo di meraviglia, che Quello che mi è rimasto di questo film è di un altro ordine, e non saranno né il Blu-ray né le piattaforme a restituirmelo. Ciò che mi resta è soprattutto una serata di felicità alla quale tutto ha contribuito.
Il primo ingrediente di questa serata miracolosa è stata la notte. Immagino che fosse inverno perché non vedo i miei genitori che mi portano al cinema la sera, dopo cena. Ma quello di cui sono sicuro è che era buio e che uscivamo in un momento della giornata in cui solitamente tendiamo a rientrare. Quando dico che “noi” uscivamo, devo essere molto preciso: “noi”, quella sera, per un motivo dimenticato o mai conosciuto, non eravamo io, mio padre, mia madre, mia sorella, era semplicemente io e mio padre. La mamma gli aveva chiesto di portarmi via? O fare qualcosa di speciale con me nello spirito di giustizia, invitando mia sorella a partecipare a un'altra fantastica attrazione? In ogni caso, eccomi qui da solo con mio padre per strada, la mia mano nella sua, e il terzo, fondamentale elemento che concorre alla buona riuscita di questa spedizione, è che anche lui è visibilmente felice.
Il cinema che ci aspetta non esiste più. Si tratta di una grande sala situata in un grande parco, che porta il dolce nome di Auteuil Bon Cinéma. Non ci può succedere niente di male in un posto come questo, è fatto per noi, lì ci si aspetta da noi. Il film è a colori. Mentre mi piega il cappotto in quattro per infilarmelo sotto il sedere per essere sicuro che ci veda bene, sento mio padre dire, come se parlasse tra sé: “È il primo film a colori che vedo. » Questa osservazione contribuisce al valore che attribuisco a questo momento: mio padre non è solo felice di accontentarmi, di fare il suo dovere di papà insomma, ricava anche, per sé, soddisfazione personale dalla nostra uscita. Questo mi dà una sorta di sollievo. Le immagini mi sembrano solo più fiammeggianti e, sullo schermo, l'aria delle foreste più vivida, l'acqua dei fiumi più limpida, gli zoccoli dei cavalli più rumorosi e gli eroi più eroici.
La parola Fin purtroppo invase lo schermo, ci fu il nostro ritorno a casa, e così si stabilì in me per sempre questa convinzione mista a folle nostalgia che il film preferito forse non è il più grande capolavoro prodotto dai più grandi studi cinematografici del mondo, ma quello che ti resta impresso nel cuore la convinzione, quasi di riflesso, che se usciamo stasera, se ci siamo accordati per un film, aleggia nell'aria l'eccitazione che la prospettiva inietta di un bel momento condiviso.
Resta da applicare questo approccio al mondo dei libri, un vero e proprio oceano rispetto al laghetto del mondo del cinema. Rivedo mia sorella, un'estate, togliere dalla biblioteca della casa dove trascorrevamo le vacanze non uno ma due volumi di Guerra e pacein formato tascabile. Non per leggerli, ma per rileggerli! Non ho mai giocato in questa categoria. Non mi resta che custodire e ringraziare umilmente il mio primo libro, quello che un giorno ho conosciuto e amato leggere, quello che ha aperto la strada a tanti altri. Non basta, ma nella lettura non basta mai. Così quando, alla fiera del libro antico di Compiègne, la settimana scorsa, ho visto “che mi aspetta” su un tavolo La casa del bambino, in perfette condizioni, l'ho comprato senza esitazione, non per leggerlo, ma per rileggerlo un giorno con un bambino molto piccolo, e dirgli sottovoce: “Quello, sai, è il mio libro preferito. »