Con “La Terza Vita”, il giornalista di Mediapart Fabrice Arfi ripercorre il viaggio di una spia rumena in Francia durante la Guerra Fredda. Un testo molto personale sotto forma di racconto di un’indagine impossibile, da cui emergono segreti politici ben custoditi.
All’inizio è quasi una favola. Negli anni ’60, a Villeurbanne, un sobborgo di Lione, un vecchio immigrato italiano in pensione, Jean Benedetto, fu contattato da un cittadino rumeno che disse di essere suo nipote. Sarebbe figlio di un fratello di Jean, soldato durante la guerra del 1914, che tutti credevano morto al fronte. Avrebbe infatti iniziato una nuova vita in Romania.
Jean invita suo nipote a vivere con la moglie a Villeurbanne e lo aiuta a ottenere i documenti. Muoversi? Solo che è tutto falso: l’uomo non ha alcuna relazione con Jean, è una spia della Securitate rumena inviata in Francia grazie a questo sotterfugio per compiere una missione segreta. Fabrice Arfi ha indagato per quindici anni per cercare di scoprire in cosa consistesse questa missione.
In primo luogo ero un giornalista investigativo, cosa che faccio da 25 anni, ma in secondo luogo ero qualcosa di diverso. Ho abbandonato questo giornalista per conquistare territori della scrittura e della narrazione per me inusuali.
Scandali rivelati sotto la sua penna
Giornalista esperto, Fabrice Arfi lavora presso Mediapart sin dalla fondazione di questo media investigativo online da parte di Edwy Plenel. Lì è a capo del dipartimento investigativo. Gli affari di Bettencourt, Karachi, il finanziamento libico della campagna presidenziale di Nicolas Sarkozy, il conto nascosto di Jérôme Cahuzac, numerosi scandali che hanno scosso la Repubblica francese negli ultimi anni sono stati svelati sotto la sua penna.
Quando nel 2008 ha sentito parlare per la prima volta di questa storia di spionaggio rumena, si è tuffato con le sue solite armi. Indagine, archivi, contatti, verifica. “Ma a volte, più ci avviciniamo alla verità, più sembra che scivoli via”, spiega nel podcast QWERTZ del 18 novembre. Quindici anni dopo, infatti, permangono alcune zone grigie che Arfi non è ancora riuscita a chiarire.
Ma è proprio questo che rende affascinante il suo libro. Più che una semplice indagine, “La terza vita” è la storia di un’indagine impossibile, una finzione di stato a cassetti dove emergono segreti politici ben custoditi, dove ogni certezza è messa in discussione. Sullo sfondo, l’atmosfera tormentata della Guerra Fredda, ministri dimenticati, un’atmosfera degna di un romanzo di John Le Carré, e al centro un investigatore destabilizzato da tanti misteri. In definitiva, questo libro è senza dubbio il testo più personale di Fabrice Arfi.
Ci ho messo molto tempo per rendermi conto che, cercando di capire la vita di Benedetto, ero io che indagavo, più precisamente il rapporto che un giornalista ha con la verità.
Una storia personale
A poco a poco, nel corso delle pagine, Arfi rivela la sua ossessione per questa storia che scopre avere come protagonisti diversi personaggi che conosceva personalmente, tra cui suo padre, ispettore della brigata finanziaria all’epoca dei fatti. Soprattutto, immaginiamo che questo testo lo confronti con il suo rapporto con la finzione e la realtà.
“C’è qualcosa nell’atto di scrivere che consiste nel lasciare il destino di un libro a chi lo legge, quanto a chi lo scrive. Questo non era consueto per il giornalista investigatore che sono La storia prima mi ha affascinato per ciò che raccontava, poi mi ha perseguitato per ciò che non raccontava”, confida.
Sylvie Tanette/mh
Fabrice Arfi, “La terza vita”, éditions du Seuil, ottobre 2024.
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