A perdita d’occhio, Nicolas Moineau

A perdita d’occhio, Nicolas Moineau
A perdita d’occhio, Nicolas Moineau
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Quando ero in ospedale, incapace di muovermi dopo un ritorno a terra di 10 metri e al buio per le fratture della colonna vertebrale, stranamente né depresso né arrabbiato. Un po’ per filosofia personale, e molto perché mi sono aggrappato a questi amputati che avevo visto ai Mondiali del 2012, poi del 2016. Nel ricordo di questa giovane donna anche lei in sedia a rotelle, che si è scaldata andando in campus per bloccare i miei progetti . Sapevo insomma che l’arrampicata non era riservata solo ai “normodotati” e che, per quanto potessi superare me stesso, i disabili mi stavano già aspettando.

Scoprire che un cieco aveva appena segnato, in cima, un 7c+, poi l’anno scorso un 8a, ha costituito per me un nuovo motivo di incredulo stupore. Questo cieco è Nicolas Moineau, la cui autobiografia “Fuori dal campo visivo” va inserito tra tutti i rinvii.

Si tratta di arrampicarsi, Ovviamente. Dopotutto, è a lei che deve il suo gusto di vivere di nuovo. È grazie a lei che è diventato campione del mondo nel 2012. E grazie a lei stupisce tutti i chiaroveggenti bisognosi, il cui 8a rimarrà sempre un sogno accecante. Misuriamo nelle parole di Nicolas ciò che lei rappresenta per lui, ciò che trova lì, apprendiamo per quale percorso l’ha incontrata e come ha plasmato la sua vita.

Ma Fuori dal campo visivo risulta essere molto più interessante di “solo” quello. Il libro risponde a una domanda che forse non ti sei mai posto: com’è vivere alla cieca? Non solo per strada, in casa, negli scontri e altri disturbi, ma in pratica ogni giorno, negli incontri con i chiaroveggenti, nella loro goffaggine, il più delle volte per ignoranza e inutile imbarazzo; nello sviluppo dello spazio pubblico, politiche di inclusione pasticciate o dimenticate, o lo stressante mal di testa dei camion da cantiere durante il lavoro o il silenzio dei veicoli elettrici. Fuori dal campo visivo ci mette di fronte alle nostre reazioni e ai nostri successi, ci fa riflettere su ciò che abbiamo e su cosa vuol dire per chi non lo ha l’non ho.

Impariamo anche molto, in un linguaggio molto accurato, sul famoso cane guida, come si ottiene, con quali mezzi e con quale intensità si instaura il rapporto, quale legame unisce l’animale e l’uomo. Parte affascinante.

Il libro è lungi dall’essere miserabile: Nicolas Moineau non si lamenta mai del suo destino. Lo ha fatto, da adolescente, in ribellione alla degenerazione della sua vista, al disagio dei genitori, al futuro. Penna alla mano, tratta il pathos oggettivato così come l’autocritica, il bastone così come la leggera derisione, di sé e dell’altro, utilizzando in particolare giochi di parole quasi tutti incentrati sul significato della vista e sul suo campo semantico. Insomma, una lettura insolita per una vita che solitamente non immaginiamo, un piacere da leggere E istruttivo. Insomma, Nicolas Moineau non vede, e così facendo ci lascia vedere.

Testo: Denis Lejeune

Foto dalle montagne

Quando ero in ospedale, incapace di muovermi dopo una caduta da 10 metri e al buio a causa delle fratture della colonna vertebrale, stranamente non ero né depresso né arrabbiato. Un po’ per filosofia personale, e molto perché mi stavo aggrappando agli amputati che avevo visto ai Campionati del Mondo del 2012 e poi del 2016. Anche il ricordo di questa giovane donna su una sedia a rotelle, che si riscaldava frequentando il campus dei miei progetti di boulder. Insomma, sapevo che l’arrampicata non era solo per i ‘normodotati’, e che per quanto mi spingessi, lì c’erano già dei disabili che mi aspettavano.

Scoprire che un cieco aveva appena salito un 7c+ da primo, poi 8a l’anno scorso, è stato per me un nuovo motivo di incredulo stupore. Questo cieco è Nicolas Moineau, la cui autobiografia “Fuori dal campo visivo” è una lettura obbligata.

Si tratta di arrampicata, ovviamente. Dopotutto è anche grazie alla nostra passione se è riuscito a ritrovare il gusto della vita. È grazie all’arrampicata che è diventato campione del mondo nel 2012. E grazie ad essa stupisce tutti i laboriosi e vedenti per i quali l’8a rimarrà sempre un sogno accecante. Le parole di Nicolas ci raccontano cosa significa per lui, cosa trova in essa, come ha conosciuto l’arrampicata e come, in che misura, l’arrampicata ha plasmato la sua vita.

Scopo Fuori dal campo visivo risulta essere molto più interessante di “solo” quello. Il libro risponde a una domanda che forse non ti sei mai posto: com’è vivere alla cieca? Non solo per strada, a casa, tra gli urti e i lividi, ma negli incontri quotidiani con le persone viste, la loro goffaggine – il più delle volte per ignoranza e inutile imbarazzo; nella progettazione dello spazio pubblico, nelle politiche di inclusione pasticciate o dimenticate, o nello stressante mal di testa dei camion durante i lavori o nel silenzio dei veicoli elettrici. Fuori dal campo visivo ci mette a confronto con le nostre reazioni e con ciò che diamo per scontato, e ci fa riflettere su ciò che abbiamo e su cosa succede a chi non ce l’ha.

Impariamo anche molto, con un linguaggio molto delicato e acuto, sul famoso cane guida, come si ottiene, con quali mezzi e con quale intensità si stabilisce il rapporto, quale legame unisce l’animale e l’uomo. Un capitolo affascinante.

Il libro è tutt’altro che intriso di auto-miseria: Nicolas Moineau non si lamenta mai del suo destino. Lo ha fatto da adolescente, in ribellione contro la degenerazione della sua visione, il malessere dei suoi genitori e il futuro. Con la penna in mano, egli esercita sia il pathos oggettivato che l’autocritica, il bastone e la derisione spensierata, l’autoironia e simili, con l’aiuto in particolare di giochi di parole che ruotano quasi interamente attorno al senso della vista e al suo campo semantico. Insomma, una lettura insolita per una vita che solitamente non immaginiamo, una lettura deliziosa e istruttiva. Insomma, Nicolas Moineau non vede e così fa noi Vedere.

Recensione di Denis Lejeune

Foto di Montagnes

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