da leggere per comprendere meglio l’America

da leggere per comprendere meglio l’America
Libri da leggere per comprendere meglio l’America
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Appalachi

Questa riscrittura del “David Copperfield” di Dickens è un romanzo enorme. Nel profondo degli Appalachi, tra “i rednecks, i rednecks, i hillbillies”, seguiamo le avventure di Demon, un povero ragazzino sballottato dalla vita. Barbara Kingslover parla della devastazione causata dagli oppioidi, gli antidolorifici che hanno rovinato la vita di tanti americani. Un libro tanto commovente quanto straziante. Premio Pulitzer nel 2023.

“Mi chiamano Demone Testa di Rame” Barbara Kingslover (a cura di Albin Michel)

Los Angeles

“Meno di zero” è la cronaca di una gioventù dorata ma disillusa, tra sbronze di coca, feste alcoliche, sesso triste e noia mortale, sotto le palme e il sole cocente dei bellissimi quartieri di Los Angeles. Non succede nulla ma… non ci annoiamo neanche un minuto. Un ritratto gelido, cinico e violento della California preppy. Inevitabile.

“Meno di zero” Bret Easton Ellis (a cura di Robert Laffont)

New York

Corinne e Russell hanno tutto per essere felici: un sublime appartamento a Manhattan, una famiglia unita, lavori da sogno. Ma dopo l’11 settembre, il loro mondo perfetto si è lentamente incrinato. Un bellissimo romanzo sui sogni infranti, dove amore e morte si intrecciano, del miglior cronista della vita newyorkese, l’immenso Jay McInerney.

“La bella vita” Jay McInerney (a cura di Points)

Massachusetts

Un professore universitario del Massachusetts viene messo da parte per un’osservazione presumibilmente razzista. Quando apprendiamo anche che ha messo nel suo letto la donna delle pulizie della facoltà – una donna che sa a malapena leggere e scrivere – è troppo… Philip Roth denuncia, 20 anni prima della sua comparsa, il wokismo e i suoi eccessi, questa invenzione fatta nel U.S.A. Magistrale, come sempre. E molto politicamente scorretto. Tanto meglio.

“La macchia”, Philip Roth (ed. Gallimard)

Boston

In “Mystic River”, adattato per il cinema da Clint Eastwood, Denis Lehane racconta la vita di tre amici d’infanzia spezzata per sempre da una terribile tragedia. Un dramma che sfocia in un altro, anni dopo. Come spesso accade, il re del giallo ambienta l’azione a Boston, città che diventa un personaggio a sé stante in ogni suo romanzo. Dimentica Harvard e i bei quartieri. Qui ci immergiamo in una Boston popolare, operaia, a tratti violenta, che ritroviamo in film come “The Town”

“Mystic River”, Dennis Lehane (a cura di Payot e Rivages)

L’Alaska

Dirigiti in Alaska con David Vann e la sua eccellente “Sukkwan Island”. Un padre e suo figlio si riuniscono per un viaggio all’aria aperta, nel cuore di una natura mozzafiato, tra paesaggi sontuosi. Ma anche l’aria più pura del mondo può darti un buon motivo per soffocare. Perché nulla andrà come previsto. Un romanzo psicologico implacabile, impossibile da dimenticare. Primo romanzo, un colpo da maestro.

“Isola di Sukkwan” David Vann (a cura di Gallmeister)

San Francisco

A San Francisco, giovani ragazze di un quartiere esclusivo sostengono fermamente di aver incrociato la strada con un pervertito. Nel piccolo gruppo di quattro amici, tre sono affermativi, ma il quarto mette in dubbio l’atteggiamento dell’uomo che abbiamo incontrato prima. Anodino? Quando sei adolescente, niente è banale… Una storia di bugie e amicizia, con San Francisco e l’oceano come sfondo. Coinvolgente dall’inizio alla fine, fino al colpo di scena finale. Il nostro preferito del 2024.

“Domare le onde” Vendela Vida (ed. Albin Michel)

Il Midwest

La vita della famiglia Gladney, che vive in una tranquilla cittadina del Midwest (immaginate un ambiente tipicamente americano con i suoi campus, i suoi centri commerciali, i suoi quartieri residenziali in stile “Desperate Housewives”), viene sconvolta da un incidente industriale , che soffia una nube altamente tossica verso la città. Dobbiamo credere al frastuono delle notizie, a questo costante rumore di fondo che spaventa più che rassicurare? Dovremmo restare o fuggire? Cosa fare, a chi credere, dove andare?

“Rumore di fondo” Don DeLillo (ed. Actes Sud)

Florida

A Miami, Trelawny, nato in America da genitori giamaicani, mette in dubbio la sua identità. Non abbastanza scuro per alcuni, troppo chiaro per altri, si sente nero ma pensa come un bianco. E fatica a definire se stesso, poiché sperimenta il razzismo da parte dei suoi coetanei e persino all’interno della sua stessa comunità. Un primo romanzo molto acclamato, inserito nell’eccellente raccolta Terres d’A m é rique di Albin Michel.

“Se sopravvivo a te” Jonathan Escoffery (a cura di Albin Michel)

Atlanta

Con Darktown, Thomas Mullen ci riporta al 1948. Ad Atlanta, la polizia recluta per la prima volta agenti neri che hanno praticamente meno diritti dei delinquenti che devono arrestare. L’indagine classica – uno sordido omicidio – dà origine a una meticolosa esplorazione dell’America segregazionista e del razzismo ordinario negli anni ’50, un’era prospera per il Ku Klux Klan. Un male di cui l’America non è ancora riuscita a liberarsi. Una pepita.

“Darktown” Thomas Mullen (a cura di Payot e Rivages)

L’America attraverso i suoi soggetti sociali

  • I montanari bianchi. “Elegia montanara” di JD Vance. Questo nome non ti è certamente estraneo. Sì, questo JD Vance è proprio lo stesso attuale vicepresidente di Donald Trump. Qualche anno fa era più “moderato” e molto meno preoccupante. All’epoca, appena eletto Donald Trump, il giovane avvocato James David tornava nelle sue terre natali, nella “Rust Belt”, una regione un tempo fiore all’occhiello dell’industria e oggi povera per gli Appalachi, piagata dalla droga, dove il termine “white trash” assume tutto il suo significato… che l’autore spiega brillantemente. Perché e come questi bianchi della classe media che votavano “democratici” sono diventati dei montanari senza un soldo e senza speranza, attirati dalle sirene del trumpismo? Un’immersione in questa America difficile da comprendere e che tanto merita di essere conosciuta e ascoltata. “Elegia montanara”, JD Vance (Globe ed.)
  • IVG diventa nero. Questo autore prolifico è un visionario. Collocando la trama del suo thriller (che comprendiamo anticipatoria) in una Los Angeles trasfigurata dall’onnipotenza dei pro-life, l’autore americano non pensava certo fino a che punto, un anno o due dopo, una parte dell’America sembrerebbe come questo: un Paese dove la legge impedisce di abortire (in alcuni Stati), dove le poche cliniche che ancora praticano l’aborto vengono prese d’assalto violentemente e dove medici e pazienti rischiano la vita quando varcano le porte di questi centri abortivi. Un thriller agghiacciante, soprattutto perché Douglas Kennedy dipinge, senza saperlo, una parte dell’America che è molto reale oggi.

“Gli uomini hanno paura della luce” Douglas Kennedy (a cura di Belfond)

  • L’aborto (ancora) che sta dilaniando l’America. Joyce Carol Oates è un genio della letteratura americana. Nel corso di queste 900 pagine, l’autore apporta molte sfumature all’acceso dibattito sull’aborto, oggi argomento di punta della campagna guidata da Kamala Harris. Proprio oggi, più che minacciato in tutto il Paese, l’aborto è vissuto e il dibattito è compreso attraverso gli occhi dei difensori di ogni campo. Tra “soldati di Dio” pro-vita e difensori del diritto delle donne a controllare il proprio corpo, qui viene affrontata tutta la violenza di un argomento cruciale e divisivo.

“Un libro di martiri americani” Joyce Carol Oates (a cura di Philippe Rey)

  • Non una pensione d’oro. Della crisi dei mutui subprime, una quindicina di anni fa, ne parlavano tutti. Ma in questo racconto di fatti realmente accaduti, lo viviamo dall’interno attraverso storie umane che potrebbero trovare ancora migliaia di echi negli Stati Uniti. Avevano una casa (e un mutuo da ripagare), qualche soldo da parte e la pensione in vista… La crisi gli ha portato via tutto. Hanno trovato un tetto mobile: quello del loro furgone riconvertito che li trasporta da stato a stato, attraverso contratti di lavoro temporaneo, dai magazzini dell’Amazzonia ai Parchi Nazionali. Dormono in paesaggi a volte magici, ma contano i loro dollari dall’inizio del mese, nell’età in cui non dovrebbero più lavorare sodo. Un reportage che si legge come un romanzo e che fa luce su queste persone dimenticate della terza età in modo edificante. Adattato per lo schermo, vinse numerosi premi Oscar.

« Nomadland », Jessica Bruder (éd. J’ai Lu)

  • Gli esclusi dalla società. Russell Banks, scomparso lo scorso anno, è senza dubbio uno dei più attenti osservatori della società americana. Progressista, l’autore non ha mai nascosto nulla nei suoi romanzi che raccontano l’epoca e, spesso, ciò che facciamo finta di non vedere lì. È sorprendente qui. The Kid è un giovane molestatore sessuale punito con un braccialetto elettronico, in totale rottura con la società, la cui unica compagna fin dall’infanzia è stata un’iguana, e il suo unico rifugio oggi è una tenda installata sotto un viadotto. E anche quello, lo priveremo. Nel caldo umido di questa città della Florida, ci sono diversi “emarginati” come lui, invisibili eppure non invisibili, incapaci di restare aggrappati al carro, stigmatizzati come rifiuti della società di cui sarebbe meglio sbarazzarsi. Una storia toccante che colpisce nel segno dove fa male: di un’America che lascia sul ciglio della strada, senza voltarsi indietro, quelli con cui non sa cosa fare.

“Memoria lontana della pelle” Russell Banks (ed. Babel)

  • Attraversare il confine. Altro tema al centro del tavolo di queste elezioni (e delle precedenti): l’immigrazione alla frontiera tra Messico e Stati Uniti. Oppure il sogno di una vita migliore. Ma prima di raggiungere El Dorado, una madre e suo figlio dovranno, come decine di migliaia di ispanici prima di loro, trovare un modo per sopravvivere lungo questa rotta clandestina che porta al confine, lungo la quale tutti vogliono approfittare della propria miseria. Un romanzo commovente sulle tragedie vissute da questi migranti e sull’istinto di sopravvivenza che li spinge a provare a vivere questo “sogno americano”, a volte crudele.

“American Dirt” di Jeanine Cummins (a cura di Philippe Rey)

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