“Memorie salvate dall'acqua”: Nina Leger racconta un'edificante controstoria della corsa all'oro

“Memorie salvate dall'acqua”: Nina Leger racconta un'edificante controstoria della corsa all'oro
“Memorie salvate dall'acqua”: Nina Leger racconta un'edificante controstoria della corsa all'oro
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Siamo a Oroville, cittadina del Nord della California fondata nel 1848. È qui che arrivarono i primi cercatori d'oro, inginocchiandosi nel Feather River per cercare il prezioso minerale. Presto i loro picconi e padelle divennero grandi rampe di lavaggio in legno, poi immense grondaie metalliche, pompe, mine, canali di deviazione, dighe di cemento.

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Se vuoi l'oro, padroneggia l'acqua. Era vero per i primi pionieri, è vero ancora per i centri dati dalla Silicon Valley o dagli abitanti di Los Angeles. Con questo motivo Nina Leger delinea una continuità di violenza tra l'epoca dei primi coloni e la nostra. Così come i corsi d’acqua furono progressivamente domati per estrarre, arricchire, irrigare e irrigare uno stato in preda a siccità e incendi sempre più devastanti, i popoli autoctoni, detentori di preziose conoscenze sulla gestione delle risorse, furono sterminati in nome di una presunta razionalità superiore.

Sulle orme di Ursula K. Le Guin

La memoria di questa catastrofe umana ed ecologica si forma mentre la narratrice, Thea, una giovane geologa portata a lavorare sulla diga di Oroville nel 2017, trova e rintraccia le tracce dei suoi illustri antenati. Tra questi, sua nonna, la scrittrice di fantascienza Ursula K. Le Guin, e una generazione prima, l'antropologo Alfred Kroeber e sua moglie Theodora, molto reali ma alla quale Nina Leger inventa una parentela. O Ishi, “l’ultimo sopravvissuto” del popolo Yahi catturato nel 1911 e poi accolto, volenti o nolenti, da Kroeber. Un'indagine difficile che mette in discussione la nostra capacità di affrontare un passato doloroso.

Ishi, ultimo membro della tribù Yahi, fotografato nel 1914. Morì nel 1916, pochi anni dopo la sua cattura. ©Saxton T. Pope, dominio pubblico, tramite Wikimedia Commons

Tra la varietà delle forme narrative utilizzate dal romanziere, agghiaccianti ritagli di stampa sul destino riservato ai nativi americani: “declineranno davanti all'avanzata dell'uomo bianco, poiché tale è il destino della razza indiana in generale”. Altre parti sono meno convincenti, come la corrispondenza con la nonna di Thea o i suoi rapporti con le persone a lei vicine, la cui intimità a volte è difficile da conquistare.

Le pagine più ricche sono senza dubbio quelle che giocano con la struttura dei paragrafi, spezzandoli nel mezzo della frase con improvvise interruzioni di riga, aggiungendo al soggetto storico una portata poetica – anche retorica –, come a sottolineare il processo di distruzione insito nel progresso tecnico e nella “civiltà”.

A meno che questo non sia un modo per suggerire la natura frammentaria del nostro patrimonio, perché “i resti ingannano: non sono tutto ciò che era, sono ciò che è rimasto”. Da qui l’importanza di inventare nuove storie.

Ricordi salvati dall'acqua | Romanzo | Nina Léger | Gallimard, 318 pp., € 21,50, digitale € 14

ESTRARRE

“Gli indiani erano una minaccia, ora sono assenti. Le loro armi non fanno più paura, vengono messe in mostra, e i loro oggetti commuovono quando raccontano di un tempo passato. Bisognava sterminarli: ucciderli o uccidere gli Indiano tra loro, ora sarà necessario

preservare – ciò che è puramente indiano, tipicamente indiano, indiano non mescolato, indiano pre-contatto

Sterminare, preservare, due facce, una moneta.”

Nina Leger presenta “Memorie salvate dall’acqua”

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