La Petite Bonne, di Bérénice Pichat: una strana famiglia

La Petite Bonne, di Bérénice Pichat: una strana famiglia
La Petite Bonne, di Bérénice Pichat: una strana famiglia
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CRITICA – La scrittrice orchestra, in versi e in prosa, il toccante confronto tra una faccia distrutta e la sua collaboratrice domestica.

I “padroni” hanno i loro capricci, aveva avvertito la madre. A loro piace parlare, leggere, scrivere, la ragazza se ne accorse subito. Sia la madre che la figlia stanno bene. O meglio, bonniches, come ci ricorda colei che dà la voce al romanzo di Bérénice Pichat. Lo dice senza rancore, non è da lei. È piuttosto filosofica, di natura impegnata e pragmatica. E’ così. Ci sono persone che chiamiamo Signora e Signore e c’è chi si trova in quella zona grigia, ombre intercambiabili che si insinuano nelle case la mattina presto per ravvivare le braci del fuoco, preparare la colazione e lucidare i mobili. Lei è una di loro.

La servetta, nell’omonimo libro di Bérénice Pichat, parla in versi. Un modo di scorrere parole come quelle che descrivono tutto ciò che prende da tutti nel cestino di casa: scopa, spazzolone, stracci, aceto, spazzolone. Esplodono mentre lei trotterella di casa in casa, mentre mura i pavimenti…

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