Bayrou non sapeva come mobilitare la sinistra. Così facendo, si è ritrovato preso in ostaggio dal Rassemblement National per evitare la censura, come il suo predecessore Michel Barnier. Già prima della composizione del governo, Xavier Bertrand, figura di spicco dei repubblicani, aveva denunciato la sua “censura” da parte della RN per una carica chiave, accusando l'esecutivo di essersi formato “con l'approvazione di Marine Le Pen”. Queste accuse dicono molto: l’onnipresente estrema destra influenza già pesantemente la politica del governo.
Nuovo governo sotto l'albero in Francia: ritorno di due pesi massimi, una sorpresa e già… forti critiche
Bayrou si ritrova quindi in una situazione che ricorda quella del suo predecessore, rovesciato dopo pochi mesi di mandato. “Non è un governo, è una provocazione”, ha affermato il Partito socialista, criticando l’incapacità della destra di riconciliarsi e di offrire un’alternativa credibile. L’estrema destra sembra ormai avere una “strada maestra” e Bayrou, intrappolato in questa spirale, sembra troppo debole per deviarne.
La sua unica via d’uscita, la sua unica possibilità di sopravvivenza, risiede nel sostegno di un popolo stanco di sterili dispute politiche. La Francia ne ha abbastanza di questi giochi di apparato, di queste lotte di potere che generano solo confusione. Se François Bayrou non riuscirà a soddisfare le aspettative popolari, a riconciliare le forze politiche e a incarnare l’unità nazionale, seguirà il suo predecessore nell’uscita di Matignon. “La mia longevità a Matignon dipenderà dalla responsabilità dei parlamentari”, ha ammesso. Il senso di responsabilità di detti parlamentari sembra sfuggirgli nuovamente in un momento in cui l'emergenza è necessaria. Le porte rimangono chiuse e il tempo scade.