Pubblicato il 2 dicembre 2024 alle 18:17 / Modificato il 2 dicembre 2024 alle 18:19
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Domenica una coalizione di gruppi ribelli dominata dagli islamici HTS ha preso Aleppo, la seconda città del paese, dalle mani del regime.
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Secondo gli osservatori, l’attacco non è stato improvvisato e i ribelli hanno approfittato di un’occasione unica: il sostegno militare straniero a Bashar al-Assad è indebolito o vanificato da altri conflitti.
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A Idlib HTS, nata dalla fusione di diversi gruppi islamici e di opposizione al regime siriano, ha rotto con Al-Qaeda e cerca di trasformarsi in un’alternativa politica.
Esattamente quasi otto anni fa, grazie al sostegno aereo russo e alle milizie filo-iraniane sul terreno, Bashar al-Assad riprese ai ribelli la città di Aleppo, divenuta un simbolo. Una vittoria di Pirro di implacabile violenza che distrusse parzialmente la città. Otto anni dopo, sono bastati solo pochi giorni al gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham (HTS) e alle fazioni ribelli alleate per spostare completamente Aleppo fuori dal controllo del regime, ad eccezione di alcune sacche dominate dalle forze curde.
L’offensiva di HTS e dei suoi alleati, però, non è una sorpresa. “L’organizzazione aveva già comunicato l’intenzione di consolidare le proprie conquiste territoriali, ma anche di contrastare i ripetuti attacchi del regime siriano e gli attacchi russi sui suoi territori”, spiega Hasni Abidi, politologo, specialista del mondo arabo e docente di Global Studies Istituto dell’Università di Ginevra. La velocità del progresso, tuttavia, è sorprendente. “Il Paese sta attraversando una crisi economica dalle molteplici sfaccettature che sta strangolando il regime stesso. L’esercito deve concentrarsi innanzitutto sul centro di potere di Damasco o su alcune città come Homs e quelle situate sulla costa mediterranea vicino alle basi militari russe. C’è anche un certo esaurimento delle truppe”, continua l’esperto. E soprattutto, come ad Aleppo nel 2016, il regime deve molte delle sue vittorie al sostegno militare straniero.
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