Stato palestinese: rivedere il riconoscimento | le360.ma

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Ad oggi, alla fine di giugno, 147 Stati membri dell’ONU hanno riconosciuto lo Stato palestinese. Nelle ultime settimane, dopo la Spagna, altri tre membri dell’Unione Europea (Irlanda, Norvegia e Slovenia) hanno registrato questo riconoscimento. L’Armenia ha appena preso la stessa decisione. Per la precisione anche il Vaticano, che non è membro dell’Organizzazione mondiale, ha optato nel 2015 in questa direzione. Va aggiunto che, dal 2012, la Palestina è un osservatore non ONU. Non ha diritto di voto nell’Assemblea Generale, ma ha la possibilità di aderire ad agenzie specializzate (OMS, UNICEF, UNESCO, ecc.). È anche membro della Corte Penale Internazionale (CPI) dal 2 gennaio 2015, cosa che le ha permesso, tra l’altro, di ricorrere a questa giurisdizione internazionale in varie occasioni in merito alla repressione e agli abusi di Israele nei territori occupati.

Detto questo, quali sono le questioni e i significati del riconoscimento dello Stato di Palestina nel diritto internazionale pubblico? Innanzitutto è opportuno ricordare che nel diritto internazionale l’esistenza di uno Stato si stabilisce indipendentemente dal suo riconoscimento da parte di altri. Gli elementi costitutivi dello Stato si riferiscono ad un territorio, ad una popolazione e ad un governo sovrano, quindi giuridicamente indipendente da ogni altra autorità superiore. E la Palestina? Questi elementi sono infatti presenti e uniti. Nel piano di spartizione venne delimitato un territorio, con la base giuridica della risoluzione 181 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 29 novembre 1947. Questa raccomandava la spartizione della Palestina tra uno stato arabo e uno stato israeliano, con la collocazione della città di Gerusalemme sotto un regime di amministrazione fiduciaria internazionale. In questo territorio si trova anche una popolazione, anche se milioni di palestinesi sono stati costretti all’esilio. Infine, un’autorità palestinese è stata istituita con la dichiarazione di indipendenza di Yasser Arafat, allora presidente dell’OLP, durante le riunioni del Consiglio nazionale palestinese del 15 novembre 1988. Questo Stato di Palestina è stato poi proclamato su un territorio ed esercita la sua amministrazione da Ramallah, nella Cisgiordania occupata. Questo governo non può, tuttavia, esercitare la pienezza dei suoi diritti sovrani. Il motivo è l’occupazione israeliana, continuata, riconosciuta e perfino condannata come contraria ai diritti del popolo palestinese. Questa mancanza di efficacia impedisce allo Stato palestinese di esistere? Affatto! Consideriamo ad esempio la situazione dello Stato del Kuwait: ha cessato di esistere anche se il suo governo non ha potuto esercitarvi il potere durante l’occupazione irachena (agosto 1990-aprile 1911)?

Il riconoscimento dello Stato palestinese da parte di 147 Stati membri dell’ONU riflette le conseguenze che hanno tratto dalle risoluzioni o decisioni adottate in seno a questa organizzazione (Assemblea Generale, Consiglio di Sicurezza, Corte Internazionale di Giustizia, ecc.). Il 9 luglio 2004 ha emesso un parere consultivo sulle “conseguenze giuridiche della costruzione di un muro nei territori palestinesi occupati”. Hanno tutti questa caratteristica comune: fanno riferimento ad una soluzione basata sull’esistenza di due Stati con diritti che devono essere garantiti reciprocamente. Il riconoscimento della Palestina e di Israele riafferma quindi che i negoziati tra le due entità non possono riguardare la statualità dell’uno o dell’altro. Se non possiamo negare il diritto di Israele ad esistere come Stato, è anche inammissibile negare la realtà di uno Stato palestinese come conseguenza del diritto all’autodeterminazione. Per questo non possiamo che stupirci nel vedere alcuni Stati affermare che il riconoscimento della Palestina dovrebbe attendere o che dovrebbe essere meritato e negoziato. Resta da avviare negoziati, preferibilmente sotto gli auspici delle Nazioni Unite, tra i due popoli affinché possano esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione.

Ciò significa che non possiamo affermare che il riconoscimento della Palestina equivarrebbe a consacrare e legittimare Hamas. Questa affermazione non è né ammissibile né discutibile: tutt’altro. Questo perché, di fatto, solo l’Autorità Palestinese – radicalmente opposta ad Hamas – è considerata il governo ufficiale della Palestina. È l’Autorità Palestinese che esercita i diritti della Palestina all’interno delle Nazioni Unite e di alcune delle sue istituzioni specializzate. È anche questa stessa Autorità che è rappresentata dai diplomatici all’estero e che conclude trattati con altri Stati.

Il riconoscimento di uno Stato è del tutto indipendente dalla legittimità dei suoi rappresentanti. Pertanto, riconoscere lo Stato di Israele non significa sostenere il suo attuale governo, né sostenere i suoi futuri governi, così come non ci opponiamo al perseguimento di alcuni dei suoi leader davanti alla Corte penale internazionale. Allo stesso modo, riconoscere la Palestina significa semplicemente riconoscere l’esistenza di due Stati, qualunque siano le qualità e i difetti delle loro autorità e dei loro cittadini. Il riconoscimento è solo una modalità: deve portare le due parti a concordare finalmente le condizioni della loro convivenza.

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