Mercoledì sera è stato finalmente raggiunto un accordo tra i tre partiti della coalizione europea. Anche se ha permesso l’approvazione di tutti i commissari, maschera male le differenze tra il PPE, i socialisti e i liberali.
Articolo riservato agli abbonati
Vice Capo della Divisione Internazionale
Di Véronique LamquinPubblicato il 20/11/2024 alle 23:08
Tempo di lettura: 1 minuto
IOIn extremis, i tre pilastri della maggioranza europea sono riusciti a far uscire la nuova Commissione dal solco in cui l’avevano bloccata. Sono trascorsi dieci giorni da quando il Partito popolare europeo (PPE, conservatori), i S&D (socialisti) e Renew (liberali) sono divisi sulla nomina del futuro esecutivo. Il problema? Niente di meno che la conferma dei sei vicepresidenti della squadra e del commissario ungherese. A parte Oliver Varhelyi, nessuno degli altri aveva fallito durante l’udienza del 12 novembre. Ma tutti sono stati vittime dei profondi disaccordi tra le tre forze politiche chiamate a pilotare il progetto europeo nei prossimi cinque anni.
Questo articolo è riservato agli abbonati
Accedi a informazioni nazionali e internazionali verificate e decrittografate
1€/settimana per 4 settimane (nessun impegno)
Con questa offerta approfitta di:
- Accesso illimitato a tutti gli articoli editoriali, file e rapporti
- Il giornale in versione digitale (PDF)
- Comodità di lettura con pubblicità limitata
World