Mercoledì, durante il processo per aver messo in pericolo la sicurezza nazionale, l’uomo d’affari di Hong Kong Jimmy Lai ha assicurato che il suo quotidiano Apple Daily, ora chiuso, aveva cercato di promuovere la “libertà” e la democrazia.
Jimmy Lai deve affrontare un’accusa di “cospirazione finalizzata alla distribuzione di pubblicazioni sediziose” e due accuse di cospirazione finalizzata alla “collusione con forze straniere”, un reato punibile con l’ergastolo.
Il magnate 76enne si è dichiarato non colpevole all’inizio di quest’anno per ciascuna delle tre accuse.
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I paesi occidentali e le organizzazioni per i diritti umani chiedono il rilascio del fondatore del quotidiano Apple Daily, processato per articoli che sostenevano le proteste pro-democrazia, a volte violente, del 2019 e per aver criticato i leader cinesi (leggi il riquadro).
I media incarnavano i “valori fondamentali del popolo di Hong Kong […]lo Stato di diritto, la libertà, la difesa della democrazia”, ha testimoniato mercoledì Jimmy Lai, parlando per la prima volta dal suo arresto nel 2020.
Un tono fiducioso
“Più sappiamo, più siamo liberi”, ha aggiunto l’imprenditore, che ha investito nel mondo dei media per, a suo dire, “contribuire alla difesa della libertà”. Ha detto di essere contrario alla violenza e di essere contrario all’indipendenza di Hong Kong, qualcosa di “troppo folle anche solo per pensarci”.
Sorridente, loquace e fiducioso, Jimmy Lai ha salutato il pubblico e ha testimoniato in piedi, affiancato da quattro agenti di polizia. A volte è stato un po’ pungente, come quando gli è stato chiesto perché si è allontanato dalla sua società di media Next Digital dopo il 2014. “Sono il capo, se voglio andare in pensione posso farlo”, ha risposto.
La sua testimonianza arriva all’indomani della condanna per “sovversione” di 45 militanti per la democrazia con pene fino a dieci anni di carcere, al termine del più massiccio processo contro gli oppositori organizzato nella metropoli.
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In tribunale erano presenti la moglie e la figlia di Jimmy Lai, accompagnate dal cardinale Joseph Zen, uno dei più alti dignitari cattolici dell’Asia, anch’egli indagato secondo la legge sulla sicurezza.
Preoccupazioni per la sua incarcerazione
Jimmy Lai è detenuto da dicembre 2020, sollevando preoccupazioni per la sua salute. Uno studio legale che rappresenta l’uomo di Hong Kong ha affermato che l’uomo ha “ricevuto cure mediche adeguate” e ha avuto “accesso alla luce del giorno attraverso le finestre” fuori dalla sua cella.
La sua carcerazione preventiva, “semplicemente perché il suo giornale ha osato criticare il governo […]riflette la disintegrazione del rispetto dei diritti umani a Hong Kong”, ha denunciato lunedì Sarah Brooks, direttrice cinese di Amnesty International.
Un gruppo di avvocati ha presentato diverse denunce alle Nazioni Unite riguardanti la detenzione arbitraria e il prolungato isolamento degli imputati. Domenica il governo di Hong Kong ha condannato il gruppo per “diffusione di disinformazione”, affermando che lo stesso Jimmy Lai aveva chiesto di essere separato dagli altri detenuti.
La diplomazia cinese, da parte sua, ha affermato mercoledì di considerare il magnate dei media come “un agente e un lacchè delle forze contrarie alla Cina”.
afp/iar