Gli effetti del cambiamento climatico sono in aumento, mettendo a rischio il futuro del pianeta. Con questo avvertimento si è aperta la COP29 a Baku, in Azerbaigian. Tuttavia, cinquant’anni fa, il rapporto Meadows che prevedeva i pericoli di una crescita illimitata avrebbe forse potuto cambiare tutto, ma venne ignorato.
Ondate di caldo ripetute, tempeste e inondazioni sempre più intense, rapido scioglimento dei ghiacciai e dei ghiacci marini, innalzamento del livello degli oceani, per non parlare dei milioni di ettari di foreste distrutti dagli incendi: gli effetti del cambiamento climatico ci sono. Diventa quindi urgente agire, facendo tutto il possibile per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. È anche su questa constatazione che si è aperta lunedì la giornata 29 a Baku, in Azerbaigian.e Conferenza delle Nazioni Unite sul clima (COP29).
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Un reportage tradotto in una trentina di lingue
Ma tutto questo forse si sarebbe potuto evitare 50 anni fa. Nel 1972, quattro giovani scienziati del Massachusetts Institute of Technology (MIT) scrissero, su richiesta del Club di Roma – un circolo che riunisce ricercatori, scienziati, economisti e industriali preoccupati per le crisi che minacciano il pianeta, e con sede a Zurigo – il Meadows Report, dal nome dei suoi principali autori, gli ecologisti Donella Meadows e Dennis Meadows.
Intitolato in francese “I limiti della crescita”, questo documento stampato in diversi milioni di copie e tradotto in una trentina di lingue costituisce un primo segnale d’allarme sulle drammatiche conseguenze della crescita economica e demografica esponenziale in un mondo finito, compreso il clima attuale crisi.
Per i suoi autori, la conclusione del rapporto, strutturato attorno a cinque variabili – popolazione, produzione industriale, produzione agricola, risorse naturali e inquinamento – è chiara: divorata dalla sete di crescita, l’umanità corre verso la propria perdita.
“Dobbiamo trovare l’equilibrio tra popolazione, produzione, risorse e spazio disponibile, altrimenti le prossime generazioni dovranno pagare il prezzo della nostra imprevidenza e del nostro egoismo”, spiegava alla televisione francese nel 1973 uno dei fondatori del Club di Roma. Aurelio Peccei.
Shock petrolifero del 1973
Sebbene il rapporto possa aver avuto una certa risonanza all’epoca, gli avvertimenti in esso contenuti furono ignorati negli anni successivi. Come notato La conversazione, la ragione principale di questo rifiuto è la situazione economica degli anni ’70 che porterà il mondo accademico e politico a concentrarsi su obiettivi strategici legati alla performance economica, piuttosto che allo sviluppo sostenibile.
Allora il vero problema non era l’inquinamento o il rischio di collasso, ma il preoccupante peggioramento della situazione economica. Lo shock petrolifero del 1973 e la conseguente crisi economica relegarono così in secondo piano le analisi del rapporto Meadows.
Allo stesso tempo, è finita l’idea che il consumatore acquisti ciò di cui ha bisogno. D’ora in poi vogliamo invogliarli ad acquistare, e non solo ciò di cui hanno bisogno. Nasce la società dei consumi, con l’illusione di un mondo fatto di risorse illimitate.
Politici e intellettuali scettici
Un’altra ragione della sua mancanza di impatto è il pessimismo del futuro descritto nel rapporto Meadows che all’epoca non convinceva tutti. Tra gli scettici troviamo politici, come l’allora ministro francese dell’Economia Valéry Giscard d’Estaing che si dice “non un fan di questo tipo di teorie”; ma anche molti intellettuali, tra cui il premio Nobel per l’economia nel 1974 Friedrich Hayek.
“L’enorme pubblicità data recentemente dai media ad un rapporto che parlava in nome della scienza sui limiti della crescita, e il silenzio di questi stessi media sulle critiche devastanti che questo rapporto ha ricevuto da parte di esperti competenti, devono necessariamente suscitare una certa apprensione quanto allo sfruttamento al quale può essere soggetto il prestigio della scienza”, dichiara questo paladino dell’economia liberale in il suo discorso di accettazione del Premio Nobel.
Undici anni dopo, nel 1983, il presidente repubblicano Ronald Reagan dichiarò addirittura, sempre in reazione al rapporto Maedows: “Non c’è limite alla crescita, perché non c’è limite all’intelligenza umana, alla sua immaginazione e alle sue meraviglie”.
Tuttavia, 50 anni dopo, le notizie sul clima sembrano dimostrare che si sbagliavano. Mentre l’IPCC continua a insistere nei suoi rapporti sul clima – l’ultimo dei quali del 2023 ricorda che le emissioni di gas serra dovute alle attività umane hanno riscaldato il clima a un ritmo senza precedenti –, non c’è più spazio per i dubbi.
Fabien Grenon