La dibattuta eredità di Lucy, l'australopiteco più famoso

La dibattuta eredità di Lucy, l'australopiteco più famoso
La dibattuta eredità di Lucy, l'australopiteco più famoso
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I resti fossili di Lucy, risalenti a 3,2 milioni di anni fa, l'esempio più completo dell'ominide “Australopithecus afarensis”, in mostra al Museo di Scienze Naturali di Houston, Texas, il 28 agosto 2007. DAVE EINSEL / GETTY IMAGES TRAMITE AFP

CCinquant'anni dopo la sua scoperta in Etiopia il 24 novembre 1974, Lucy rimane un'icona tra i fossili preumani. Quando l'americano Donald Johanson e Tom Gray, lo studente che lo accompagnava, videro alcuni frammenti ossei che sporgevano da un'arida collina in Afar, capirono subito che contenevano il Santo Graal di ogni paleoantropologo. Apparirebbe rapidamente un esemplare che rappresenta il 40% dello scheletro dello stesso individuo, cosa senza precedenti per un periodo così antico – circa 3,2 milioni di anni.

Lo stesso anno, in Tanzania, fu rinvenuta una mascella inferiore, che sarà associata alla stessa specie. Nel 1975, 200 fossili furono, a loro volta, riesumati ad Afar, rappresentanti 17 individui probabilmente imparentati. Ne seguiranno altri, tra cui il fossile di un bambino di 3 anni ritrovato a Dikika (Etiopia) nel 2000. Chiamato Selam, verrà erroneamente descritto come “figlio di Lucy”: sarebbe nato circa 100.000 anni prima di lei.

Questa abbondanza di fossili portò, nel 1978, gli americani Donald Johanson e Tim White e il francese Yves Coppens (1934-2022), co-direttore della spedizione Afar, a proporre un nome di specie per Lucy e i suoi simili: Australopithecus afarensisle cui date coprono un periodo che va da circa 3,8 a 3 milioni di anni fa – il che lo rendeva quindi il più antico potenziale antenato umano.

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Cinquant’anni dopo, qual è lo status di questo australopiteco – 1,10 me meno di 30 chilogrammi – nel nostro albero filogenetico? Per Donald Johanson, A. afarensis “rimane il nostro più probabile antenato e costituisce una delle specie più importanti nella storia dell’evoluzione umana”. Così conclude un articolo scritto insieme al collega etiope Yohannes Haile-Selassie, in Scientifico americano di novembre (e nella sua versione francese, Per la scienza), in occasione dell'anniversario della scoperta.

“La nostra prozia”

I due ricercatori esaminano anche le numerose nuove specie della stirpe umana dopo la sua separazione da quella degli scimpanzé, che chiamiamo ominini, portata alla luce nell'ultimo mezzo secolo. Innanzitutto ci sono i più vecchi, Sahelanthropus tchadensis (Chad), alias Toumaï, e Orrorin tugenensis (Kenya), rispettivamente di 7 e 6 milioni di anni, e già bipedi. Ma anche A. anamensistalvolta presentato come un antenato stretto di Lucy, di cui recentemente ci si è resi conto che probabilmente le due specie avevano coesistito. E tutti i suoi contemporanei, sempre più numerosi (A. bahrelghazalialtrimenti Abele, e R. Non lo dico, o anche Kenyanthropus platyops).

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