La rabbia mobilita molto più dell’aborto e della democrazia

La rabbia mobilita molto più dell’aborto e della democrazia
La rabbia mobilita molto più dell’aborto e della democrazia
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Credevamo ancora, da bravi bambini, che concetti come l’aborto e la democrazia sarebbero stati sufficienti per mobilitare le folle. Dopo tutto, chi rifiuterebbe di difendere tali diritti fondamentali?

Questa settimana, gli elettori americani ci hanno brutalmente ricordato che questi grandi ideali sono tutti validi, ma rimangono la preoccupazione di élite disconnesse.

Perché in realtà ci sono argomenti molto più “caldi” per la vita quotidiana della gente comune. E la democrazia? Aborto? Ah, è bello sulla carta, ma di principi non si riempie il frigo.

Realtà

Il messaggio è chiaro e ha la leggerezza di uno schiaffo: prima di entusiasmarsi per cause nobili, l’elettore del 2024 pensa innanzitutto alla fine del proprio mese.

Dimentica i grandi principi, i discorsi stimolanti e le visioni del futuro. Ciò che conta davvero è ciò che tocca preoccupazioni immediate, realtà concrete.

La morale, il giusto, l’ideale? Lo vedremo più tardi. Forse.

Potremmo dire che è il ritorno di un pendolo, un elastico teso all’estremo che ci scoppia in faccia.

In passato un politico doveva essere brillante, carismatico, capace di grandi discorsi e ideali. Dovevamo incarnare una visione, un progetto sociale.

Oggi, il politico vincente deve incarnare la rabbia della classe media, disposto a parlare lo stesso linguaggio duro, anche se ciò significa sacrificare dignità e classe lungo la strada.

Del resto, da quando la dignità aiuta a pagare l’affitto?

Populismo

Benvenuti nell’era del populismo.

Dì alle persone quello che vogliono sentire, non quello di cui hanno bisogno. Urlare rabbia, riversare insulti, ecco cosa fa piacere ad un popolo in tumulto.

Questo calma gli animi di coloro che rimuginano la loro rabbia nel loro angolo. Questo dà loro una voce, una presenza, un’illusione di liberazione.

Se trasponiamo questo modello in Canada, i nostri politici, siano essi Trudeau o Poilievre, farebbero bene a prenderne atto.

Trudeau dovrà adattare il suo discorso, comprendere la frustrazione che si sta formando, invece di perdersi nella demonizzazione del suo avversario, una strategia che rischia di mobilitare ulteriormente coloro che gli si oppongono.

Quanto al signor Poilievre, può sfruttare questa rabbia, ma a condizione di proporre soluzioni concrete e di frenare gli insulti.

In definitiva, il Canada non è immune da questa ondata. E sarebbe saggio prepararsi, senza cinismo né ottimismo.

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