A Brest, 80 anni fa, la tragedia del rifugio Sadi Carnot

A Brest, 80 anni fa, la tragedia del rifugio Sadi Carnot
A Brest, 80 anni fa, la tragedia del rifugio Sadi Carnot
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Come una cicatrice in città. Chiuso all’esterno, ma ancora spalancato all’interno. Trovare il rifugio Sadi Carnot, un lungo tunnel di oltre 300 metri destinato a proteggere la popolazione di Brest dai bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale, è un’impresa. Un primo ingresso discreto è visibile in rue Émile Zola, vicino al Museo delle Belle Arti. Un altro, più imponente, si trova sul Boulevard de la Marine, vicino alla monolitica Porte Tourville che dà accesso al porto militare. Su una parete di vetro, un elenco infinito di nomi attira lo sguardo.

Dopo aver sceso un centinaio di gradini per entrare nelle viscere della città, un brivido ci colse. Temperatura ambiente? SÌ. Ma non solo. Davanti a noi si estende un tunnel infinito, illuminato dai neon. Poi una visione che ti fa venire i brividi lungo la schiena. Lungo tutto il rifugio, una galleria di ritratti che sembrano volerci raccontare qualcosa. In fondo a questi volti scuri compaiono parole terribili: esplosione, scoppi, sofferenza, crepitio, allarme, esplosione, tutta la città sta bruciando… Perché sì, qui è bruciato tutto. Senza cadere nel pathos, la scenografia del rifugio Sadi Carnot, volutamente sobria, sa regalare forti emozioni. Abbastanza per sentire l’intensità della tragedia avvenuta qui, nella notte tra l’8 e il 9 settembre 1944. Cosa è successo in questo tunnel di cemento che doveva proteggere la popolazione?

Incontra gli ultimi eroi della Seconda Guerra Mondiale

Catturato in una fornace

Il principale tunnel sotterraneo di Brest, il rifugio Sadi Carnot, fu costruito tra il 1942 e il 1943, durante l’occupazione. Il porto fu infatti soggetto ad intensi ed incessanti bombardamenti alleati. Occupato inizialmente solo durante gli allarmi, divenne, alla fine della guerra, un rifugio permanente per la popolazione di Brest… e per i tedeschi. Fu creata una città sotterranea con letti presi in prestito dagli ospedali, banchi recuperati dalle scuole… I civili avevano accesso solo a metà del rifugio, l’altra parte venne requisita dagli occupanti nazisti. Un tramezzo di legno – oggi segnato con una linea a terra – separava lo spazio tedesco da quello francese.

Leggendo i pannelli esplicativi lungo il percorso, si capisce che la parte francese, oltre agli abitanti che volevano restare in città nonostante il pericolo, ha ospitato agenti amministrativi, infermieri, resistenti… Un pannello della popolazione di Brest. Da parte tedesca c’erano soldati dell’organizzazione Todt e paracadutisti della compagnia di riserva. Quest’ultimo aveva depositato scatole di munizioni all’interno del rifugio. Esplosivi posizionati accanto alle taniche di benzina che riforniscono il generatore tedesco. Le testimonianze, affascinanti da leggere, sono diverse. Una mossa sbagliata per accendere il generatore? Una sigaretta spenta male? Un alterco tra ufficiali tedeschi? Tuttavia, nella notte tra l’8 e il 9 settembre, alle 2,30 del mattino, si udì una forte esplosione vicino alla porta di Tourville. Quindi da parte tedesca.

Il tunnel ha improvvisamente preso fuoco. Il rifugio era quindi sovraffollato. E il tunnel si trasformò, nel giro di pochi secondi, in una fornace che bruciava e asfissiava ogni cosa sul suo cammino. L’onda d’urto che spingeva le fiamme, come un lanciafiamme, non lasciava quasi alcuna possibilità di sopravvivenza. Alcune decine di persone sono riuscite, nonostante tutto, a sfuggire a questo inferno. Il numero delle vittime della tragedia di Carnot è ancora dibattuto tra gli storici. Parliamo di 400 morti da parte francese e 500 da parte tedesca. Difficile stabilirlo con precisione perché molti corpi furono semplicemente ridotti in cenere. Tra le vittime, Victor Eusen, sindaco della città, incaricato di proteggere le migliaia di abitanti di Brest rimasti in città nonostante i bombardamenti…

Per crudele ironia, Brest fu liberata 10 giorni dopo dalle truppe alleate. Sorse quindi la questione di identificare i corpi carbonizzati rimasti nel rifugio. Inizialmente abbiamo pensato di murare i due ingressi del rifugio per realizzare un mausoleo. O, al contrario, farne un luogo della memoria. Quest’ultima alternativa è stata mantenuta. Oggi nell’elenco delle vittime, esposto all’ingresso del rifugio, figurano 371 nomi. Un elenco ancora lungi dall’essere completo.

Riparo Sadi Carnot, a Brest, boulevard de la Marine. Visite con audioguide o visite guidate da aprile a ottobre. Durata: 45 minuti

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