“Il razzismo anti-nero nel Maghreb è legato alla memoria della schiavitù”

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Lo storico M’hamed Oualdi, nel 2022. ALESSIO LECOMTE

Professore a Sciences Po, M’hamed Oualdi è uno storico, specialista del Maghreb moderno e contemporaneo. Autore di lavori sulla schiavitù nell’area arabo-musulmana, ha pubblicato numerose pubblicazioni Schiavi e padroni. I mamelucchi dei beys di Tunisi del XVII secoloe secolo fino al 1880 (Edizioni della Sorbona, 2011) e Uno schiavo tra due imperi. Una storia transimperiale del Maghreb (Soglia, 2023). Ha appena firmato Schiavitù nei mondi musulmani. Dalla prima tratta al trauma (Edizioni Amsterdam, 256 pagine, 19 euro), che descrive le diverse forme storiche di schiavitù in questa regione e le loro eredità contemporanee.

Il razzismo anti-nero nel Maghreb, di cui abbiamo recentemente assistito a manifestazioni in Tunisia, è un’eredità della schiavitù nei mondi musulmani?

Non dobbiamo essere schematici, questo razzismo può avere diverse origini. In Tunisia, ad esempio, i migranti subsahariani sono percepiti e stigmatizzati come persone che bramano le risorse dei tunisini. Ma il legame tra il razzismo anti-nero nel Maghreb e la schiavitù è ovviamente importante. Lo dimostra il modo in cui ancora oggi i neri vengono descritti in arabo con termini legati alla schiavitù, come ad esempio wusifche significa “domestico”, ma che finì per riferirsi ai neri.

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Qual è oggi la memoria della schiavitù in questi paesi?

Questa messa in discussione della memoria si riferisce alla questione del silenzio, del tabù e del trauma. Su questo tema bisogna evitare osservazioni pigre: il silenzio e il disagio sono percepibili ma, contrariamente a quanto ripete il luogo comune, non sono assoluti. Nel mio libro cito un certo numero di produzioni – romanzi e ricerche in lingue extraeuropee – che smentiscono l’idea secondo cui questo passato schiavista non suscitava alcun interesse nei mondi musulmani. Naturalmente queste produzioni non sono rivolte al grande pubblico – non sono serie televisive – ma sicuramente sta iniziando un cambiamento in questo ambito.

A livello istituzionale questa memoria è rara, ma esiste. Due paesi si distinguono a questo riguardo. Prima la Tunisia, dove ha sede l’ex presidente Béji Caïd Essebsi [2014-2019] aveva istituito, nel 2019, una giornata di celebrazione dell’abolizione della schiavitù [en 1846] nel paese. Questa commemorazione ha perso la sua forza dopo le dichiarazioni ufficiali ostili ai migranti subsahariani che hanno scatenato un’ondata di violenza anti-nera. Poi il Qatar, che ha abolito la schiavitù solo nel 1952, ma dove c’è, a Doha, un museo attorno a questa memoria allestito nella casa di Ben Jelmoodsz [un négrier du XIXe siècle].

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