“A Ghost Story” ci ricorda quanto sia difficile lasciare andare

“A Ghost Story” ci ricorda quanto sia difficile lasciare andare
“A Ghost Story” ci ricorda quanto sia difficile lasciare andare
-

Qualche anno fa ho lasciato un lavoro che svolgevo da molto tempo. Era ora di andare avanti (e, se devo essere sincero, lo era da un po’ di tempo), ma nel mio ultimo giorno mi sono ritrovato a vagare per i corridoi, rivisitando ogni angolo. Era una sensazione strana, conoscere così bene un posto ma non farne più parte. Mi sentivo, immaginavo, come deve sentirsi un fantasma che scivola attraverso i corridoi di quella che era la loro casa.

Non direi che credo nei fantasmi (la Chiesa cattolica non ha alcun insegnamento ufficiale sull’argomento, per la cronaca, anche se puoi trarre le tue conclusioni da ciò che insegniamo sulla vita e sulla morte), ma sono in risonanza con le storie di fantasmi. Tutti parlano, in un modo o nell’altro, di quanto sia difficile per noi lasciare andare le cose, anche dopo che sono finite. Quelle storie parlano di quanto profondamente amiamo, ma anche del desiderio di prolungare la nostra vita come possiamo. Guarda la nostra ossessione per l’eredità, i nostri tentativi di lasciare qualcosa dietro. È un desiderio molto umano: creature finite che si ribellano alla nostra stessa finitezza. Ma la nostra fede ci insegna che i limiti della vita le danno significato. Per abbracciare il pieno scopo della vita, dobbiamo essere disposti a lasciarlo andare.

In “A Ghost Story” (2017), scritto e diretto da David Lowery, incontriamo una giovane coppia, accreditata solo come C (Casey Affleck) e M (Rooney Mara), che vive in un ranch. Sono innamorati, ma anche litigano e sono sul punto di trasferirsi. Poi, C viene ucciso in un incidente d’auto a pochi passi dal loro vialetto. All’obitorio, si alza dal tavolo – ora coperto da un lenzuolo bianco con due occhi neri e oblunghi – e torna a casa sua. Lì osserva, invisibile, la vita che va avanti senza di lui.

E questo, in sostanza, è il resto del film. C non lascia mai più il terreno che una volta era la sua casa. Come fantasma è slegato dal tempo, capace di andare alla deriva nel futuro e nel passato. Vede la città futuristica che alla fine divora il suo quartiere e la famiglia di pionieri che per prima rivendicò la terra. Occasionalmente può interagire con il mondo vivente in piccoli modi: luci tremolanti, sollevamento oggetti. Ad un certo punto, in un impeto di rabbia e disperazione, strappa tutti i piatti da una credenza e li frantuma sul pavimento davanti a una famiglia pietrificata. Ma non riesce a stabilire alcun collegamento reale, non può cambiare nulla. Il tempo per quello è passato.

I fantasmi rappresentano una rottura del ciclo della vita e della morte, un attaccamento all’esistenza terrena dopo la fine del nostro tempo. In molte storie i fantasmi sono incatenati al mondo dei vivi da questioni in sospeso. Ma noi Tutto morire con un lavoro in sospeso: la morte non aspetta pazientemente finché non abbiamo spuntato ogni voce della nostra lista di cose da fare. Abbiamo tutto il tempo che abbiamo, e basta; le nostre vite, per loro natura, sono incomplete. Come persone di fede crediamo che sia la vita Dopo questo dove troviamo la risoluzione definitiva.

Ad un certo punto di “A Ghost Story”, C osserva i nuovi inquilini della casa organizzare una festa. Nella sezione parlata più lunga del film, un uomo ubriaco (interpretato dal cantautore Will Oldham) spiega filosoficamente come tutte le cose alla fine passeranno, dal breve periodo di ogni vita umana alla morte termica dell’universo. Parla in tondo ma il suo punto essenziale è: fai quello che vuoi fare nella vita, crea quello che vuoi creare, ma se lo fai per creare un’eredità eterna per te stesso sei destinato a fallire.

Il filosofo del tavolo da cucina è ateo, ma parti del suo monologo sono in sintonia con le nostre convinzioni. Prendiamo, ad esempio, la parabola di Gesù del “ricco stolto”: un uomo che passa la vita ad accumulare beni terreni invece di perseguire le opere buone e la crescita spirituale, lasciandolo impreparato quando la sua vita finisce bruscamente (Lc 12,16-21). Passiamo così tanto tempo a progettare un futuro terreno, quando non ci viene promesso nulla; dove dovrebbero risiedere, allora, le nostre priorità? È come Gesù dice ai suoi discepoli: «Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 16,25).

Alla fine, i meandri temporali di C lo riportano indietro attraverso la sua vita in casa. Separato, vede come la sua incapacità di lasciarsi andare abbia danneggiato la sua relazione con M. Anche se la sua vita è finita, forse c’è ancora tempo per lui per imparare dalle sue esperienze. All’inizio del film, una porta di luce bianca si apre davanti a C, ma lui la rifiuta per infestare la sua vecchia casa. Non vediamo mai cosa c’è dall’altra parte di quella porta; nella morte, come nella vita, il futuro è misterioso. Possiamo andare avanti solo quando impariamo a lasciare andare.

“A Ghost Story” è in streaming su Max.

-

PREV Ethel Kennedy: muore la matriarca della famiglia Kennedy, all’età di 96 anni | Notizie dagli Stati Uniti
NEXT Il 70% degli sforzi sono aumenti delle tasse, analizza il Consiglio superiore delle finanze pubbliche – Libération