Il fiore con la pistola
In Il giardiniereSerge Shuster è un funzionario pubblico di alto rango in corsa per un posto ministeriale dalla sua villa. Condivide la sua pietosa esistenza con una ragazza il cui unico hobby è piangere in giardino, una donna che lo critica per non fare abbastanza e un bambino che soffre già di acufene. La sua relativa tranquillità viene turbata quando un commando forza l’ingresso in casa sua per eliminarlo. O almeno per farlo addormentare prima che i veri cattivi tentassero di ucciderlo. Senza contare il… giardiniere di turno, un vecchio discreto con pesanti responsabilità..
Nelle mani degli amanti del genere, lo scenario fasullo di Giardiniere avrebbe potuto essere una bella commedia d’azioneoffrendo al suo ex delinquente pentito una serie di cesoie e altre zappe per scavare la giugulare di questi stupidi intrusi. Tanto più che l’azione si svolge quasi esclusivamente nella villa e nei suoi giardini, un vero e proprio labirinto di tagliagole, e l’accento è posto sugli scontri.
Solo che oltre al tasso di violenza un po’ più alto della media consentita da SVoD, è ovviamente un prodotto televisivo in linea con L’ultimo mercenariodove la cosa più importante non rimane l’azione o l’umorismo, ma gli headliner. Il tempismo comico conta meno del loro istrionismo, l’intensità delle sequenze d’azione meno della loro reputazione e la coerenza complessiva meno dei cameo imbarazzanti.
Al confine delle margherite
Impossibile, ovviamente, dargli torto un Van Damme un po’ stanco, ma sincero nel suo desiderio di autoironia. D’altro canto, essendo il suo personaggio presentato come l’archetipo dell’uomo d’azione muto e che sa fare tutto, gli sceneggiatori si sono sentiti in dovere di dargli un contrappunto nella persona di Michaël Youn, responsabile quindi di riempire il minimo spazio sonoro con le sue geremiadi.
Spiegare sistematicamente oralmente il rari schizzi di una gag di successo o i numerosi riferimenti al cinema d’azione americano a cui invia il loro duo gruppo di personaggi famosi coppie insopportabili e il loro film nel pantheon di film di amici che ti fanno venir voglia di vedere uno dei protagonisti massacrare l’altro. Per quanto riguarda la banda di cattivi, composta da un gentile Kaaris, un razzista Ragnar in versione bretone Kakihara e uno sottosfruttato Jérôme Le Banner, è difficile da vedere con il suo bavaglio da corsa antiquato.
Il trombinoscopio mette quindi in crisi quasi ogni aspetto del lungometraggio, a partire ovviamente dalle vere e proprie velleità marziali, già rilevabili in L’ultimo mercenario. Se la maggior parte di queste commedie francesi generiche, destinate a occupare l’equivalente streaming di una prima serata di M6 (la home page) prima di sprofondare nel catalogo (molto) arretrato, suscitano generalmente solo indifferenza, in questo caso si può parlare di un grande spreco.
Tra questa tipologia di progetti che si stanno moltiplicando su Prime e the Lupi mannari di Netflix, è certo che il quadro ereditato dai canali terrestri più cinici non è passato di moda. Anzi, ha ancora un brillante futuro davanti a sé, in televisione o sui servizi SVoD. Oggi le rape crescono in ogni orto.