DIngorghi mostruosi intasano le strade di Copenaghen. Enormi transatlantici carichi di uomini partirono per attaccare il Mar Baltico. Alcuni cercano di fuggire a piedi attraverso i confini terrestri, altri si infilano su imbarcazioni improvvisate. In pochi mesi, 6 milioni di danesi partirono, costretti dal governo, incapace di fermare l’innalzamento delle acque, a evacuare una Danimarca che non avrebbero mai più rivisto.
È questa l’idea stravagante della prima serie scritta e diretta da Thomas Vinterberg – fondatore trent’anni fa, con Lars von Trier, del movimento Dogme 95 e direttore del formidabile La festa, La caccia et Ubriaco –: svuotare completamente un paese, il tuo, dei suoi abitanti.
E ci colpisce, fin dal primo episodio, lo specchio rovesciato che il cineasta ci propone. Queste persone che all’improvviso perdono tutto, vengono separate dalla famiglia e dagli amici, sono alla mercé dei trafficanti e poi costrette, nei paesi in cui vanno in esilio, ad accettare lavori umili per sopravvivere, sono gli europei bianchi. , istruiti, vissuti per lo più nell’opulenza: mai, senza dubbio, avevamo osato invertire in questo modo la questione della migrazione.
Raggiunto la realtà
Ci turbano molto anche le immagini di Copenaghen deserta, questo silenzio, questo grande vento che soffia lungo i viali vuoti, questa atmosfera da fine del mondo. Questi sono quelli reali del confinamento del 2020 che il direttore ha integrato – non lo era […] Per saperne di più