Per il suo terzo lungometraggio, il regista guadalupano Jean-Claude Barny (Neg Marron, La banda delle Indie Occidentali, Bitter Tropics) esamina la figura principale dell'anticolonialismo Frantz Fanon. Con Fanoneatteso sugli schermi francesi ad aprile, il regista dice di volere “fare bel cinema destinato al grande pubblico“mentre glielo dai”una coscienza“.
In questo film biografico, in cui ha voluto portare sullo schermo i pensieri e la psiche dell'autore Pelle nera, maschere biancheJean-Claude Barny dipinge un ritratto del pensatore martinicano durante il suo soggiorno tra il 1953 e il 1956 in Algeria sotto la colonizzazione francese. Un periodo cruciale per lo psichiatra e saggista che articola la sua riflessione sulla violenza del colonialismo e sulla necessità di liberarsene.
“Non volevo fare un film troppo loquace, ma piuttosto mostrare immagini e cose toccanti agli spettatori e creare la sensazione che stessero partecipando all'avventura di Fanon dall'interno.“, spiega il regista 59enne, intervistato durante il Festival di Marrakech, dove il suo film è stato presentato il 4 e 5 dicembre in anteprima.
L'avventura di Frantz Fanon inizia all'ospedale psichiatrico Blida, a sud-ovest di Algeri, dove viene assegnato come primario. Scoprì le pietose condizioni di internamento dei pazienti algerini e lottò per imporre un approccio terapeutico umano.
La sua lotta si estende fuori dall'ospedale quando entra in contatto con i combattenti della resistenza del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN), in lotta per l'indipendenza, che lo psichiatra aiuta e cura clandestinamente. In un contesto in cui le tensioni tra l'esercito francese e l'FLN sono sempre più palpabili, Frantz Fanon appare come un traditore e si ritrova intrappolato in un vortice di violenza.
Per quanto riguarda il conflitto israelo-palestinese, Jean-Claude Barny ritiene che “non possiamo continuare ad accettare che occupiamo, discriminiamo, colonizziamo, strappiamo le persone alla loro terra, smembramo, uccidiamo con disprezzo“. “Dovremo fare qualcosaix” e funziona come quello di Frantz Fanon”possiamo ridare un po' di precisione“, aggiunge.
Questo nuovo film ha impiegato dieci anni per vedere la luce, a causa di “vincoli finanziari” ma anche riuscire a domare i pensieri di Fanon che accompagna il regista fin dall'adolescenza. Anni passati a scrivere, a cercare il casting giusto, a pensare ai progetti, allo storyboard, alle luci.
Non avendo l'autorizzazione a girare in Algeria, Jean-Claude Barny ha spostato le sue riprese, durate due mesi, in Tunisia per le riprese in esterni e in Lussemburgo per quelle in interni. Sempre in Tunisia Frantz Fanon si stabilisce nel 1957 dopo aver dovuto lasciare l'Algeria. A Tunisi continuò il suo attivismo per l'indipendenza algerina e la sua attività di scrittore, prima di morire di leucemia nel 1961. Su sua richiesta, fu sepolto nel suo paese d'adozione, l'Algeria.