Il figlio del fratello maggiore di Jacques Brel è morto il 18 gennaio, all’età di 73 anni. Cantante come suo zio, ha fatto rivivere sulla scena il repertorio del poeta di Paese piatto. Avrà anche eseguito un centinaio di canzoni sue.
“…Allora voglio essere portato in cima al mio colle, per vedere la sera che lentamente avanza verso la pianura…” Non sappiamo se il giorno prima della sua morte abbia pensato alla canzone di Jacques Brel, L’Ultima Cena. Il cantante Bruno Brel, nipote di Grand Jacques, è morto il 18 gennaio, all’età di 73 anni. Ammirando l’immenso talento del poeta di Paese piatto e allo stesso tempo desideroso di prendere le distanze da questa figura tutelare, ha scritto nel 2021 delle memorie intitolate, Il nipote di mio zio.
Benoît Closson, sindaco della cittadina di Wellin in Belgio, dove Bruno Brel aveva vissuto per diversi anni, ha subito voluto rendergli omaggio: “In occasione del nostro matrimonio, ha regalato a me e Sylvie l’immenso piacere di eseguire con grande emozione la magnifica canzone di suo zio Jacques Brel Quando abbiamo quell’amore. Avevamo stretto una bellissima amicizia. Non ti dimenticherò.”
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Il figlio di Pierre Brel è nato il 24 settembre 1951 ad Anderlecht. Come suo zio, la canzone gli piace. A quindici anni iniziò a fare il cantante. Siamo ormai nel 1966 e suo zio Jacques ha già scosso più volte l’Olympia.
Le Grand Jacques lo prende un po’ sotto la sua ala protettrice. Dovresti mantenere il tuo cognome? Dovremmo scegliere uno pseudonimo che eviti un confronto inizialmente difficile da portare in scena? Jacques Brel taglia per lui questo nodo gordiano: “…Ai Brels ci assumiamo la responsabilità!”.
Su consiglio di Jacques Brel, Bruno scoprirà il mondo. Nel 1975 attraversò l’Atlantico per vivere in Canada. Viaggiare treni giovani. Ritornò a Parigi dove il talent scout Jacques Canetti, che gli aveva dato una possibilità una ventina di anni prima, produsse il suo primo album. Bruno scriverà un centinaio di canzoni. E poi romanzi. Possiamo citare, La Tuareg bianca, Il ventre della morte, Il commerciante di caramelle…
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Dagli anni 2000 Bruno Brel non ha più paura di essere paragonato a suo zio. Fondamentalmente il suo tono di voce ha una certa somiglianza con quello dell’interprete da cui abitaAmsterdam O “Ci sono marinai che cantano sogni che li tormentano…”. Non imbroglierà più, non giocherà più, intimidito, con questo lignaggio. Nel profondo, è pieno di ammirazione. A Figaro nel 2018 ha ammesso: “Quando Jacques cantava, tutto doveva uscire completamente da dentro. Questo è ciò che lo ha infastidito così tanto. C’è un altro che è riuscito a farlo, si tratta di Johnny Hallyday. È uscito dalla pancia ed è stato straordinario. Ecco perché queste persone sudavano come fontane”. Una bella confessione sotto forma di testamento artistico.