La settima arte, uno strumento di advocacy – Opinioni protestanti

La settima arte, uno strumento di advocacy – Opinioni protestanti
La settima arte, uno strumento di advocacy – Opinioni protestanti
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Al di là dell’intrattenimento, può il cinema diventare uno strumento di advocacy e incitare al cambiamento sociale e politico? La risposta sembra essere sì, se si considera il modo in cui alcune opere hanno lasciato il segno e influenzato anche il dibattito pubblico.

Un vettore di empatia e coscienza

Il cinema ha la capacità unica di suscitare emozioni. Non è raro che un , attraverso la sua forza narrativa e visiva, aumenti la consapevolezza su importanti questioni sociali, umane o ambientali. Film come Il giardiniere costante (2005), che denuncia gli eccessi dell’industria farmaceutica in Africa, o il magnifico successo dell’industria farmaceuticaQualcosa in più (2024), sulla disabilità attraverso la commedia, ce lo dimostrano in modo molto preciso.

Toccando il cuore, il cinema va oltre i semplici argomenti razionali o tecnici spesso utilizzati nelle campagne di sensibilizzazione. Umanizza gli argomenti trattati, rendendoli accessibili e comprensibili a un vasto pubblico.

Un impatto culturale e politico

La storia del cinema è piena di esempi in cui i film hanno influenzato l’opinione pubblica o provocato dibattiti politici. Negli anni ’60 e ’70 registi come Costa-Gavras con Z (1969) o La Confessione (1970) denunciarono i regimi totalitari e gli abusi di potere. Più recentemente, funziona come 12 anni schiavo (2013), che descrive brutalmente la schiavitù negli Stati Uniti, o Riflettore (2015), sugli abusi sessuali all’interno della Chiesa cattolica, ha contribuito ad aprire dibattiti pubblici su argomenti tabù. Presenza quest’anno, durante l’ultimo Festival di Cannes, del regista iraniano Mohammad Rasoulof con il suo film Semi di fico selvatico ha avuto senza dubbio un impatto più forte di molti articoli nel raccontare al mondo sia il vigore dei giovani iraniani che protestano contro il loro stato repressivo, sia la violenza che questi ultimi esercita su coloro che osano sollevarsi.

Questi film influenzano le politiche pubbliche o rafforzano i movimenti sociali. Danno voce – o la amplificano – alle popolazioni spesso messe a tacere e danno spazio alle storie delle minoranze.

Il potere del documentario

Sebbene la finzione possa avere un impatto potente, il genere documentario è senza dubbio quello che si avvicina di più alla difesa diretta. Documentari come Cibo, Inc. (2008), che esamina le pratiche dell’industria alimentare, Cowspiracy (2014), sull’impatto ambientale dell’allevamento industriale, o Domani (2015) che presenta iniziative a favore del pianeta, non solo hanno sensibilizzato milioni di persone, ma hanno anche incoraggiato azioni concrete, come il cambiamento delle abitudini alimentari.

In Francia, l’anno scorso, Stato limiteche sonda il degrado del nostro sistema sanitario e lo sfinimento di chi lo porta quotidianamente avanti, partecipa insieme ad altri a evidenziare in modo diverso un problema profondo e dalle molteplici implicazioni nella nostra vita.

Una piattaforma per il cambiamento

Tuttavia, affinché il cinema diventi uno strumento di advocacy davvero efficace, deve far parte di un approccio più ampio. I film dovranno essere accompagnati da campagne di sensibilizzazione, dibattiti pubblici e copertura mediatica. I festival cinematografici impegnati, come il Festival del cinema documentario sui diritti umani, a Ginevra, o il festival internazionale Filmer le travail, a Poitiers, e i dibattiti cinematografici organizzati dalle associazioni sono tutti spazi in cui il cinema può svolgere appieno il suo ruolo di leva del cambiamento.

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