Marina Viotti, un’artista che reinventa l’opera fondendo classico e metal

Marina Viotti, un’artista che reinventa l’opera fondendo classico e metal
Marina Viotti, un’artista che reinventa l’opera fondendo classico e metal
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La cantante lirica, che ha fatto scalpore alla cerimonia di apertura grazie al suo duetto con il gruppo metal Gojira, parla a BFMTV.

Qualche mese fa, ha stupito il mondo intero unendo la sua voce operistica alle chitarre del gruppo metal Gojira, per un sorprendente duetto durante la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici. Da allora, la cantante lirica Marina Viotti ha svelato un nuovo album intitolato Melanchôliain cui unisce i suoi due amori: il rock classico e quello estremo.

“Adoro andare in una stanza metal dopo aver lasciato l’opera, sentire quel sudore, quell’energia, quel lato crudo, e imparo molto da questo”, ha detto a BFMTV.

Per questo franco-svizzero, 38 anni, queste due discipline sono complementari: «Ci sono ancora molte cose che possiamo migliorare nella musica classica, nel recital, nel contatto con il pubblico. Allo stesso modo, il requisito artistico nella musica classica può essere molto utile quando ci si sposta verso altri generi musicali.”

Metallica con salsa classica

Quindi, su Melanchôlia, Marina Viotti mescola generi ed epoche. Quando esegue la musica di John Dowland, compositore rinascimentale, è accompagnata da sintetizzatori e chitarre elettriche. Quando canta titoli attuali, in particolare Non importa nient’altro dei Metallica, è accompagnato da un arciliuto, strumento del XV secolo.

“Per me è necessario. Fa parte di quello che sono e penso che quando sei autentico e sincero nel tuo approccio, non puoi sbagliare”.

Una lotta segreta contro la malattia

La copertina dell’album, sulla quale appare con la testa rasata, costituisce di per sé un approccio. La foto è stata scattata cinque anni fa; Marina Viotti era allora in cura per un linfoma, un tumore del sistema linfatico. All’epoca non disse nulla al riguardo:

“Ero agli inizi della mia carriera, avrei iniziato alla Scala otto mesi dopo”, ricorda. “Sapevo che se avessi chiamato la Scala e avessi detto ‘ho il cancro’, questo contratto sarebbe stato annullato, è logico. Avrebbero detto che ero inaffidabile”.

“Non volevo questa etichetta di cancro (…) Volevo prima uscirne e mi sono detto che un giorno ne avrei parlato, per tutte le persone che stanno attraversando tutto questo. Ne vale la pena. Per me è ancora un po’ pericoloso farlo perché nella professione ormai è risaputo… ma peccato”.

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