♦ La stanza accanto ***
di Pedro Almodovar
Film spagnolo, 1h46
Premiato con il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia, La stanza accanto di Pedro Almodovar racconta la storia di Martha, ex reporter di guerra, e della sua amica scrittrice Ingrid, di ritorno a New York. Le due donne rinnovano la loro amicizia mentre Matha combatte un cancro aggressivo. Marta perde definitivamente la speranza di guarigione e si rivolge all’amica di una vita perché la accompagni nella morte. Gli chiede di essere lì, nella stanza accanto, quando lei stessa avrà deciso di farla finita. Se un giorno la porta della sua camera sarà chiusa, lei non ci sarà più. Lì si sviluppano molti altri temi cari al cineasta spagnolo. In questo lungometraggio, Pedro Almodovar celebra la vita tanto quanto la morte e non rende quest’ultima fine a se stessa.
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♦ Inverno a Sokcho **
di Koya Kamura
Film francese, 1h45
Inverno a Sokcho è adattato da un romanzo di Elisa Shua Dusapin. Nel suo libro, la scrittrice ripercorre l’arrivo di Yann Kerrand (Roschdy Zem), un disegnatore di fumetti, giunto in una piccola città costiera coreana per trovare ispirazione. Lì incontra Soo-ha (Bella Kim), una giovane donna tra due sponde, tornata nella sua città natale per cercare di dare un senso alla sua vita ritrovando la sua strada. L’arrivo di un francese, di cui lei è l’unica a parlare, sconvolgerà profondamente la sua vita quotidiana: potrebbe essere lui il padre che non ha mai conosciuto? Non appena si incontrano, si sviluppa una relazione ambigua che mette profondamente in discussione l’identità di Soo-ha. Koya Kamura, lui stesso franco-giapponese, firma un affresco il cui ritmo e bellezza danno il posto all’arredamento e ai sentimenti.
» LEGGI LA RECENSIONE: “Inverno a Sokcho”, una donna tra due sponde
♦ La figlia di un grande amore**
di Agnès de Sacy
Film francese, 1h34
In questo lungometraggio di Agnès de Sacy, Isabelle Carré e François Damiens cercano di riconciliarsi, dopo essere stati riuniti in un film, dalla loro figlia regista. Quest’ultima, di nome Cécile, è una studentessa di cinema e dà voce alla madre e al padre separati da molti anni. Agnès de Sacy attinge alla sua storia personale e racconta sul grande schermo la sua storia e quella dei suoi genitori. Il suo alter ego svanisce rapidamente per concentrarsi sulla storia dei suoi genitori; la ragazza non è il soggetto del film ma il fattore scatenante. Questo lungometraggio agrodolce, durato diversi anni, è pieno di nostalgia ma camuffato da risate per mascherare la tristezza, con un duetto che colpisce per la sua precisione.
» LEGGI LA RECENSIONE: “La figlia di un grande amore”, una coppia al cinema
♦ Incendi selvaggi **
de Jia Zhang-ke
Film cinese, 1h51
Jia Zhang-ke è senza dubbio il grande cineasta cinese del nostro tempo, instancabile cronista dei cambiamenti della Cina contemporanea attraverso il destino, spesso pluridecennale, di alcuni pittoreschi personaggi, siano essi operai, imprenditori, prostitute o mafiosi. . Il suo ultimo film, in concorso al Festival di Cannes, è un concentrato del suo cinema. Un lavoro ibrido, tra documentario e odissea cinematografica, raccolte di immagini girate durante i suoi film precedenti e oggi. Ci porta in un viaggio attraverso il tempo e la Cina, dalla provincia industriale dello Shanxi da cui proviene, alla diga delle Tre Gole e alla città di Chongqing, con l’unico filo conduttore che è la sua attrice e moglie preferita Zhao. Tao. Un film meditativo, quasi privo di dialoghi e commenti, il cui valore testimoniale e la cui bellezza formale non conservano una certa monotonia.
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