Dimmi cosa voglio sentire (di Abdoulaye DIALLO)

Dimmi cosa voglio sentire (di Abdoulaye DIALLO)
Dimmi cosa voglio sentire (di Abdoulaye DIALLO)
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Qualcuno ha detto, giustamente, che il Senegal è un miracolo permanente. Un Paese (il più occidentale dell’Africa) favorito dal suo ecosistema, dalla sua biodiversità, dal suo clima, dalle sue spiagge, dalla sua costa ricca di pesci… Che non ha mai conosciuto una rottura costituzionale.

Ricco della sua leggendaria ospitalità (terra di “Teranga”). Della sua diversità culturale, politica e religiosa. Dalle sue guide illustri: Cheikh Ahmadou Bamba Mbacké, Elhadji Malick Sy, Cheikh Al Ibrahima Niass, Seydina Limamoulaye, Cardinale Hyacinthe Thiandoum… Dai suoi artisti conosciuti e riconosciuti in tutto il mondo: Ousmane Sow, Youssou Ndour, Baaba Maal, Coumba Gawlo, Sembène Ousmane , Ismaël Lô, Kalidou Kassé… Tra i suoi leader pubblici: Blaise Diagne, Galandou Diouf, Mamadou Dia, Lamine Guèye, Léopold Sedar Senghor, Cheikh Anta Diop, Majhemout Diop, Abdoulaye Wade… Dei suoi giornalisti che sono diventati l’orgoglio di un’intera collaborazione: Mame Less Dia, Bara Diouf, Djib Diédhiou, Babacar Touré, Cheikh Tidiane Camara, Mame Less Camara, Mamadou Koumé…

Pochi Paesi sono dotati di risorse così preziose che competono quotidianamente con ardore ed entusiasmo nella creazione e nell’innovazione. Una cosa ottima, perché costituisce la base su cui il Paese costruisce il suo futuro e realizza il suo sogno: un Senegal ancora più forte nella giustizia e nella trasparenza. Alcuni eredi di questo ricco patrimonio, trascinati da chissà quale strana e fertile immaginazione, vogliono, oggi, creare un nuovo modo di fare giornalismo. Questo si chiama reinventare la ruota. Finora conosciamo l’intervistatore, l’intervistato. L’ospite, il giornalista. E anno dopo anno, sembrava funzionare. La nuova scoperta (in attesa di validazione da parte di Cored) prevede ora che il giornalista sia sia intervistatore che intervistato. Colui che fa le domande e dà le risposte. L’alfa e l’omega. Fare di tutto: interrogare, dirigere, dirigere, imporre e… rispondere, anche strappare la parola all’ospite ridotto infine ad attore passivo.

A quest’ultimo non viene offerta alcuna possibilità di dire una parola e spiegare il motivo per cui è stato invitato: condividere, analizzare ed esprimere il suo punto di vista. Esattamente come l’abbiamo visto, lunedì 30 dicembre 2024, sul set della “radio più ascoltata” del Senegal. Il giornalista: “Chi l’avrebbe mai detto che Pastef avrebbe saccheggiato le risorse del Paese. Cosa ne pensi? » L’ospite: “Non sono qui per personalizzare e indicizzare le persone”. Il giornalista: “Il regime comincia a distribuire i soldi. Sei preso in considerazione e hai un’idea dell’importo esatto? L’ospite: “Sta a voi giornalisti edificarci”. Il giornalista perde le staffe perché non ha le risposte che avrebbe voluto avere: “Siete tutti uguali. Sono solo i tuoi interessi a guidarti… Questo Paese è diventato spazzatura”. E l’ospite, disilluso, ricambia l’antenna. Lasciando il giornalista e il suo collega a proseguire la trasmissione da soli.

Invece di scusarsi con i suoi ascoltatori, il nostro caro grande giornalista si è comportato come se nulla fosse successo. Questo è il nuovo giornalismo made in Senegal che consiste nell’invitare qualcuno a sbattergli in faccia: “fai e dici quello che voglio o te ne vai”! Senza offesa per tutti quei professionisti dei media che ancora si aggrappano all’ortodossia giornalistica. Eppure è bene sapere che l’intervista è un genere impegnativo, che serve innanzitutto a chiarire e completare le informazioni. Controllali. In nessun modo è conflittuale. Come ogni ospite, l’ospite alla radio e alla TV deve sentirsi a proprio agio. Deve beneficiare di tutte le condizioni psicologiche favorevoli per sentire il bisogno di confidarsi e il desiderio di convincere e informare in modo esaustivo. Questo rapporto di fiducia è fondamentale per permettere all’interlocutore di condividere la profondità dei suoi pensieri. Per la gioia di lettori, ascoltatori e spettatori. Le nostre ragioni d’essere!

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